Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

Introduzione all' « Elettra >> 651 non ha altra prova, se IIlOnquella solita che il cuor glielo dice. Troppo poco, ci verrebbe fatto di dire! Ed Elettra, ,quasi oompas– sionandola per la str-arna e così i111opportunaillusione, le dà la tri– stissima IIluova: Oreste IIlon è tornato, Oreste è morto. Qualche amico avrà offerto quei doni in IIlomedi lui. Il dolore di Orisòtemi è grande ; ma Elettra che non è donllla da coosumarsi in un dolore sterile e paissivo, la interrompe. « A:sooltami. Siamo rimaste sole, lllorn abbiamo più .speranze. Aiutami>>. c"risòtemi osserva con una serietà che fa sorridere: <e.Maposso io farti resuscitare i morti?». « No, ascoltami e aiutami. Uccidiamo chi uccise postro padre, Egi– sto». E le dice, per convincerla, quelle ragioni che Orisòtemi può meglio intendere: che pensi al suo stato, che lll:onsperi mai nozze così, che pensi alla fama che ne avranrno, ai loro 1I1omicelebrati come di eroine, alla vergogna che è per anime nobili il vivere v•ergo- gnosamente.... · Mirabile runchequi Ila!finezzae la misura del poeta, che non passa mai il seg,no. È forte Elettra e impavida, 1110n forsennata. Soltanto ora, perché ogni speranza le sfugge, propone allla sorella d'uccidere Egisto, ma 1D:eppureora propone d'uccidere sua madre. Ella ha voluto e vuole, per la giustizia, che anche sua madre muoia, ma poi– -ché Oreste, il vendicatore, ormai non tornerà, il poeta si ferma come sull'orlo d'UIIlbaratro, e pesa •ogni parola, perché .sente che urna s•ola di più metterebbe a gran rischio, in questo momento, l'interesse che . Elettra deve suscitare 1I1eglispettatori. Ma Orisòtemi è ugualmente atterrita, possiamo immaginare quanto, e rifiuta. Elettra se l'aspettava: ebbene, farà da sé. E me segue urn dialogo OOIIlcitatissimo,dove a Orisòtemi che parla di pru– denza Elettra risponde che altro è la prudenza altro è la viltà, arri– vando fino a dire,. con fiero sarcasmo alla sorella: «Va' pure, va' a raccontar tutto a tua madre». Oh no, la buona .fanciulla non par– lerà, ma lascia 11ascena, prevedendo sciagure più gravi. Non vorrei che ·quanti non colilosoolilodirettrumem.te il dTarnma di Sofocle, si figuras,sero un'immagme meno esatta di Crisòtemi, presentata così come io necessariamente la presernto in questo rapido sunto, ed ho motivo di temerlo perché, ·se non mi inganno, anche alcuni critici dell'arte sofoclea sono caduti in errore. Ho già detto sop,ra, che Orisòtemi lll:Onè vile, anzi appare tia:nida e pau– rosa. Basta considerarla in sé, e lll:On in relazione alla sorella. In altre parolle, questi contrasti che già dicevo cari al nostro poeta (t31lltoche ne abbiamo esempi quasi in og,ni sua tragedia) non sono già tra un carattere fiero e impavido e uno fiacco e•vile, che sarebbe un'opposizione oosì facile da riuscire volgare, ma sono irnvece tra anime quali quelle di protago,nisti sofoclei, cioè (come di loro ap– punto diceva Aristotele) quali dovrebbero essere le anime umanè, ed anime comuni, deboli anche -se buone, cioè ,quali sono veramente BibliòtecaGino Bianco · Fondazione Alfred Lewin' -iliblloteca Gino Bianco

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