Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

Introduzione all' « Elettra ll 649 da.Ila realtà quasi brutale sprigionarsi l'id~alità poetica più su– blime, ed Elettra elevarsi fino alle regiollli altissime del simbolo im– mutabile ed etemo. Non è più la fig1liola, non è più la sorella; è la vendicatrice, è la giustizia stessa, che inOntrema, che nolll esita, che non piega, ma aspetta e trionfa. Vediamo però che se il poeta ci conduce a illltravedere questi ultimi :fini della sua creazione, sulla soona non ci pone innanzi ,di quei personaggi che non erano di moda ai tempi suoi, i quali sembrano nolll avere altra coscienza che queltla della loro irrealtà, e perciò illl certi drammi o poemi (che ci vengono daJl più remoto settentrione, e dei quali, del resto am– miro anch'io la potente origilllalità) si danlllo quasi la pena di av– vertirci da sé : - Non ci proodete per uomini o per donllle, vi pre– ghiamo: io sono la bellezza, ed io sono l'arte, ed io s·oinoil rimorso, ed io sono la coscienza, ed io sono l'ineluttabile. - Oh n,o! Clìte– mestra ed Elettra sono sacre a un Fato; ma serballlo intera e libera la volontà, son figure di tutto rillievo, paragonabili nel mondo mo– rale a quegli eroi omerici che valgono dieci degli uomini quali ora sono. Ecco il linguaggio di Clitemestra : - Ho ucciso tuo padre, tu dici. Sì, l'ho ucciso io, prop,rio io, lo so bene : non ho lllessuna ra– gione per negarlo. Ma non io sotla: con me lo tolse di mezzo la giu– stizia. - E qui ricorre all'unica sua scusa : il sacrificio d'Ifigenia. - Cotesto padre tuo, che sempre tu pialllgi, ebbe pur cuore d'im– molare agli Dei la tua sorella .... - e vuol p,rovare, lungamente, che fu un delitto l'ucciderla. E sta. bellle; ma la' difesa di Glitemestra, cavillosa-, curialesca, fredda, è odi,osa, né baista a commuoverci quel razzo finale: « La mia figliola morta, se potesse :parlare, direbbe lo "Stesso». Oh, ma c'è lì presente e vibramte una figliola viva che parlerà. Ed Elettra parla, contrapponendo ragioni ai cavilli, COIIl– tenendo sulle prime più che può il dotlore e il disprezzo, ma via via animamdosi ed eccitandosi, fino a terminare con l'insulto più atroce: cc Tu colllfessi d'avere ucciso mio padre! Ma si può dire più infame parola, sia che tu l'abbia ucciso giustamente, sia che illlgiusta– mente ? Ma, ahimè, l'uccidesti istigata dall'uomo col quale colllvivi. È vero, sacrificò mia sorella. iMa dovevi tu dunque ucciderlo? Per qual legge ? Posta una (legge simile, che dovrà esser di te ? Spiegami piuttosto, se non t'è grave, perché convivi 001I1 l'uomo che t'aiutò a uccidere mio padre e ne hai figli e li tieni in casa e vuoi cacciare i legittimi; e Oreste .... )). Ma il ricordo di Oreste la fa traboccare, e incalza ,sempre più :fieramente : « Tu dici che, salvamdo Oreste, preparai il tuo assassino ? Oh sia così : è quello che vog1lio. E ora va' pure predicando che io son,o malvagia, caJunniatrice, impudente: se ho tutti questi vizi, vuol dire che ti somiglio e inon faccio ver– gogma a mia madre .... )). Poi tace e lascia che Clitemestra offra empi !lacri:fici ad Apollo, 00n empia preghiera. BibHotecaGino Bianco

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