Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929
Introduzione all' « Elettra >l 645 piange. Piange di dolore e di sdeg1I10.Vede anoora, sempre, senza potersene mai liberare U1Il momento, l'orrenda scena. Ares, il Dio della strage, aveva risparmiato suo padre nelila lUJI1ga guerra in terra straniera. La moglie, sua madre, ed Egisto gli spezzarono il capo con ila scure, come i taglialegna UJI1aquercia robusta (immagine gram.de, degna del grande eroe ucciso, << come chi uccide un bove alla greppia» , aveva detto Omero). E se nel suo dolore è sola, non per questo si darà pace mai. Piam.gerà, lì davam.ti alla casa di suò padre, come un usignolo privato dei suoi piccoli, . sempre, sinché scÌIIltil– lino le stelle e risplenda iil sole. E finisce colll una invocazione tre– menda : << O casa di Ha,des, o Hermes mfernale, o grMl Dea della maledizfollle, o vooeramde Furie divine che vedeste la vittima della ingiustizia e gli sposi de' quali è violato il letto, venite, soccorrete, vendicate il'uocisione di nostro padre .... e mandatemi Oreste, per– -ché sola non posso più règgere al peso del dolore, che grava su Ulll piatto solo della bilancia .... >>. Mentre Elettra caJ1ta gli ultimi versi, s'avanza sulla scena i~ ,Uoro, ,oomposto di fanciulle Argive amiche sue, che s'affliggono pe:r lei e con lei, e alle quali soltanto ella può confidare il continuo mar– tirio. Ne segue U1I1 dialogo lirico tra il Oor,o ed Elettra, di tre str,ofe ,con tre antistrofe e un epodo: un lungo canto. lil Coro vorrebbe che Elettra fosse più rassegmata: la intelllde e consente OOlll lei, ma ins,omma preghiere e lamenti lllOn faranno tornare il padre dalla palude d'Averno. Elettra risponde che lllOn è sano di mente chi può dimenticare i geinitori ÌIIldegnaimènte perd'uti. Elila non potrà, mai. Pr,ocne, pur trasformata nef gemente trepido uocel(l.oche anlllulllzia la primavera, lamenta anoora e lamenterà sempre il suo Iti; Niobe, :dopo perduti tutti i figli, per pietà degli Dei è co1I1versailll pietra, ma pur conversl:!, Ìiil pietra versa lacrime amoora e le verserà sempre; ed Elettra la oonsidera, questa sventuratissima tra le madri che eternamente piangerà, quasi sua dea tutelare. Il Coro, che nella prima parte del dramma è così riservato e timido da dlubitare se :gli sia lecito maledire gli assassini di Agamennone, non si dà per vinto. Rfoorda a Elettra le sorelle che .solllooon lei, Crisòtemi e Ifianassa, oosì rassegnate ormai al loro fato, e le rioorda la spe– Tanza che deve sostenerla, Oreste che tornerà; e anche ile dice che il tempo è un gran medic o. Ma Oreste, ella lo attende, e da quanto tempo!; ma pare am.ch' egli immemore ormai. E sì che oltre la sven– -tura massima, ta nte altr e la oonsumano: in casa è odiata e disprez– zata; senza figli, senza mai aiuto né conforto, costretta ad assidersi ;a,d una mensa che per lei è deserta. Non sfugga la bellezza poetica di questa :mensa deserta. Due posti soli son vuoti a quella mensa; ma Eilettra non vede che quelli ! Il Coro, richiamato al ricordo di Agamennone e del gra,n misfatto, non fa che eccitare sempre più il clolore d'Elettra, che prorompe in modo da oostringere le fan- BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy