Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

762 c. DE GOBINEAU, La Renaissance sprezzo per la mediocrità livellatrice, l'eguaglianz~ e la for~a m_enti~ della società democratica, e con l'amore dell'avventura, dai suoi avi nordici, pirati medioevali, che si vantavano di discendere da Odino (vedi nell' Histoire d'Ottar Jarl). , In tutti i personaggi della Renaissance, Gobineau si riconosce. Ma il suo credo ,è da cogliere soprattutto nello sfogo finale di Michelangelo contro i tempi e i costumi, contro il mondo nel quale s'era avventurato giovine, col bagaglio delle più fresche illusioni, e che ora, vecchio e amareggiato, sta per abbandonare : « Questo mondo che contemplo è un compagno col quale ho compiuto un lungo cammino, e al contrario di me s'è stancato, ha perduto il suo vigore, vacilla e va a cadere sul– l'orlo della strada, mentre la speranza della vita in cui sto per entrare mi eccita e m'inebria della più deliziosa attesa! All'inizio del secolo, quando siamo partiti insieme, il mio compagno era fiorente di giovi– nezza, esuberante di salute, e tutte le speranze avvivavano le fiamme degli sguardi orgogliosi ch'egli volgeva all'orizzonte; e mentre io du– bitavo, il mio compagno non dubitava di nulla: io gli devo questa giu– stizia; giovane, impetuoso, viziato dai secoli selvaggi e perversi dalle ct1i mani sfuggiva, il suo primo pensiero fu di ripudiare i loro esempi e, innamorato dell'arte di cui intendeva i fascini, appunto alla reli– gione e alla virtù pensò fin da principio.... Adesso tutto è finito. Il fuoco s'è spento. Non esiste più Italia. Coloro che noi disprezzavamo diventano i nostri padroni. Gli artisti sono morti. Io sono l'ultimo superstite della santa falange; coloro che si nominano dello stesso nome glorioso che noi abbiamo portato, non 'sono più che mercanti pieni d'impudenza. Bisognava morire bene. Noi, purtroppo, moriamo male. Che importa? Vi sono state delle belle anime, delle anime glo– riose in questa Italia ormai asservita e prosternata. Non rimpiango ·d'aver vis~uto ». Non rimpiange, perché il destino gli ha concesso di vivere in un « fiore d'oro». Ma ormai il fiore è avvizzito, finito. La me– diocrità ritorna alla superficie, trionfa la plebaglia « la bestia più im– monda che mai abbia strisciato sulla terra ll. E nella sua disperazione, nega che un uomo sortito dal nullà possa mai diventare un artista. « Se la mia famiglia non discendesse dai conti di Canossa, non sarei q 1 uel che sono. Vorrei che fosse proibito sotto pena di morte a codesti villani rifatti di porre mai la mano sopra una spatola o una matita .... ll. Tutto Gobineau è qui, col suo passato, la sua crisi, il suo punto d'arrivo. Lo ritroviamo in questa desolata conclusione di Michelangelo, che ha pur sorriso alle chimere della giovinezza; ma lo ritroviamo anche n!:ll pessimismo del Machiavelli, nella vitalità di Giulio II, nella fa– stosa fantasia di Leone X, nella superba volontà del Valentino. Sono tutti personaggi nei quali s'incarna lo slancio umano e spirituale del se– colo d'oro. ,Sono i precursori del superuomo nietzschiano, per i quali il segno più evidente del genio ,è « tout garder quand on a tout pris ll : la moderazione indica la mediocrità. Vedete le parole poste in bocca ad Alessandro VI durante un colloquio con Lucrezia Borgia, nelle scene intitolate al Savonaro·za: stabiliscono senza riserve una legge di supe– riorità e di privilegio morale per alcune categorie d'individui (le pleiadi) dalla quale la teoria del superuomo direttamente discende. Se Nietzsche BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy