Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929
.A. BALDINI, La dolce calamita, ovvero la donna di nessuno 759 (dico di quell' della sua età) ha appreso più di lui, non s'avverte per nulla. Gli si è-sciolto nella memoria, per ritornare come una cosa nuova, col pudore delle ·cose belle. Egli non dice: «guarda)), quando scrive; non comanda al lettore « drizzando il dito >>. Lascia che il lettore guardi da sé. E in questo senso non c'è scrittore più discreto di lui. .A Parigi, una notte, dietro la tendina alzata d'una finestra, vede una bella donna che si spoglia. C'era soggetto più pericoloso di questo? Ma quella poca distanza e la luce e, il silenzio notturno ne fanno una cosa di fantasia, e il ricordo ora toglie alla penna ogni crudezza. Bal– dini ha lavorato questa pagina con ima gentilezza e un tremore che non ha· l'uguale, e il giro mutevole del periodo par rendere sensibilmente il moto del desiderio. A un tratto, più nulla. Abbassato il tendone e tutto tornato nel buio, sente quel che prima non aveva sentito, che « c;repitava la pioggia solitaria)). Un bellissimo verso che, se non è dell'Alcione di D'Annunzio, certo merita d'esserlo, co~ì arioso e così nulla; e pare, lì collocato, un sommesso applauso, calata la tela, a quella divinissima scena. Baldini, per suo conto, si mormora poi tra sé certo canto in forma di preghiera per comandare ai sensi pazienza. - Contèntati, - par che dica, - che già hai visto molto. - Ed ecco come, facendogli dono delle parole, ha quietato il desiderio. Non so se egli, un giorno, dipingerà mai una donna vera, una donna amata e desiderata, intendo. Per ora stiamoci a quel che lui stesso assicura: che ha trovato solo una sorella a ·Michelaccio. Ma è certo che è un'altra cosa. La donna bella, la donna che lo turba ancora sempre, e che vecchio egli si fermerà a guardare quando passa per le strade, « ap– poggiandosi con le due mani sul bastone», nelle sue pagine non si tr'ova. Quella a lui, tutt'al più, dà un eccitamento, un moto alla sua arte di scrittore, che porta poi anche se guarda una statua o un quadro, Ilaria, Paolina, o la Fornarina. E veramente qui è come l'adoratore che canta le lodi, un poco in soggezione, e col timore di non dire mai abbastanza. Non è il migliore Baldini. Baldini che più piace a me, io lo trovo in certi paragrafetti di questo libro (« Oggi non vorrei essere più io))), dove, di su una raccolta di miniature indiane, vede quel tanto che gli serve per partire, portato dalla fantasia. Quell'antico, quel fuori del costume lo commuove affettuosamente; ed egli rifà e ricompone tutto con una grazia preziosa e una puntura di desiderio; anche, direi, con un sorriso d'ar– tista che domina la materia e si domina. Un poco alla volta dunque ecco come Baldini ha vinto quel che di chiuso portava in un argomento tanto pericoloso, la sensuale devozione alla donna. Egli ha trovato l'aiuto suo più forte nell'esperienza cresciuta di scrittore, e in quel suo gusto che se prima, al tempo del Pastoso, non era che risentimento davanti ai classici, ora -è diventato coscienza piena, e per questo ai classici si accosta con le maniere più familiari, sa en– trare nel loro segreto, sa, sopra tutto, quel che ha loro da chiedere, e che è « la signoria di sé )) . Perché non altro è il linguaggio dei classici che scuola morale, freno, e, dove c'è il genio, aria grande, alto riposo. GIUSEJPPE DE ROBEJRTIS. BibliotecaGino Bianco
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