Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929
754 TRILUSSA, Libro N° 9 occasioni è foderata soltanto di buon senso. La sua ironia non leva il pelo· an;i (scusate) ci soffia dentro e ne scopre le pulci. Il suo gusto di mor~lista (se non è dir troppo) resta tutto episodico, occasionale .... Pro e contro 'frilussa, corrono questi argomenti; ma forse non oc– corre essere ,Salomone per stabilire la verità. ,Se da una pame la fama, di 'l'rilussa si avvantaggia di un gusto troppo corrivo e, per dir così, giornalistico, e lui stesso magari lo seconda e un po' ci si viziai dall'al– tra, c'è chi giudica Trilussa a una stregua che non è la sua, chi lo pesa con una bilancia che non è la giusta. Diciamolo tondo : molti che pure lo leggono con piacere e, leggendolo, sorridono o ridono e poi magari b ritengono a mente, quanto poi a concedergli la patente di poeta, e poi poeta romanesco, fanno boccucce. Boccucce perché ? Perché hanno in petto il ricordo del Belli o di Pascarella. Proprio così: per la poesia in dialetto, o presunta tale, vigono ancora valutazioni rettoriche, tradizioni, regole di stretta osservanza, fedeltà di parole, obblighi di argomento, che per la poesia in lingua, P. anzi per ogni altro modo di letteratura, sono già morti e sepolti. Molta vecchia pedanteria (di quella nuova non parlo) cacciata dal podere grande della letteratura si sarebbe dunque rifugiata sull'orto piccolo del dia– letto. Che rapporto corre fra Trilussa e Pascarella? È chiaro, nessuno. Pascarella è monolitico, sta da sé. (,Difficile d'altronde stabilire rapporti veri, anche tra Pascarella e il Belli; che non siano, cioè, richiami a,ssai generici di stile; di lingua, strumentali). Dove è grande, Pascarella parla con le ombre : quando si saprà tutto di lui, il suo posto sarà. forse vicino al maggiore Carducci; certo lontano dai poeti del ventennio o della giornata. E fra Trilussa e il Belli? È passato giusto un secolo, e tanto var– rebbe paragonare la Roma d'allora a.quella d'oggi, Papa Pio undecimo a Papa Gregorio. Tuttociò per dire, infine, che anche Trilussa, come ogni poeta pic– colo o grande, ha anch'egli il diritto di essere valutato per ciò che di fatto è, e non alla stregua ipotetica di un poeta dialettale romano, ar– chetipo. È ingiusto caricare sulle sue spalle, come difetti o vizii, quella versatilità o leggerezza, quello scetticismo, quella mondanità borghese, che sono, soltanto, suoi caratteri. Difetti e vizi veri, ne ha, e non ci vuole tanto a scoprirli. È spesso frettoloso, provvisorio, volgaruccio, tremulo sul patetico, meccanico sull'umorismo; ora riferisce e niella troppo, e troppo a buon mercato ; ora si sbriga, tira via, tira a campà. ,Come accade ai poeti del suo ge– nere, spesso Trilussa accusa la volontà di fare, scopre il mestiere. Ma si, è giornalista. Quando però ha voglia davvero, quando è ne' suoi cenci, che vivacità d'occhio, che prontezza di mano, che schiocco di ve– rità! Con che eleganza, andando per via, agita tra le dita la canna; eppure con che sodezza; sembra un dandy, ma se fosse il dài? Se im– braccia il chitarrone del sentimento, tre corde spesso son fesse, ma una risponde sempre (i bambini, i vecchietti di Trilussa). Con che malizia en– tra in salotto, si sfila un guanto, s'inchina alla bella, e poi si rivela vas– sallo proprio alla ,fine del madrigale. Unto e compunto, sa fare il nesci BibliotecaGino Bianco
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