Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

752 A. V A LORr, La difesa della Repubblica Fiorentina alla loro palese sorgente, Tito Livio. L'ultimo fra questi fu Lorenzino de' Medici. Non si vuole tendere il pensiero fino a irrigidirlo in una tesi ma occorre ricordare che gli uomini riversano f1:1,cilmente i loro int:ressi dentro le passioni ideali, e queste poi danno potenza e trasfi– gurazione. In quel· tempo di potenti personalità, l'umanesimo, specie · politico, dettò programmi individuali più che comuni, suscitò furori di storia e segreti desideri d'emulazione: non il solo Petrarca aveva par– lato con gli spiriti magni : ogni gesto dell'umanista trova una sua epi– grafe latina. Non ci pare che si possa trascurare questo lato dell'assedio, d'essere anche l'ultimo e grande episodio della forza morale dell'uma– nesimo. Aldo Valori, più assillato del Roth, avverte che « bisogna guardarsi dal rappresentarsi uomini e cose sotto un punto di vista semplicistico » (pag. 7 e, inoltre, pagg. 204, 221) ; e sente la necessità di cogliere il va– lore storico dell'assedio e anche il suo significato ideale nella storia· d'Italia: ma pel primo punto non va tropp'oltre l'avvertimento ripor– tato; pel secondo, invece, scrive cose degne di considerazione. « Sarebbe errato immaginare la difesa della repubblica .fiorentina come un effetto di una chiara coscienza nazionale» ; togliamo quel chiara, e non vi sarà più luogo per l'errore. Era una coscienza « più propriamente intellet– tuale e civile» infatti, quale comportavano i tempi. Una nazione che viveva delle ideologie dei piagnoni, dei venezianeggianti, come della cultura e delle idealità degli umanisti : i quali erano italiani come po– tevano essere nei loro tempi, e in quel grado e in quel modo che poteva significare allora la nazione italiana. Il Risorgimento volle ritrovarsi in loro, ed elevare l'epoca e i fatti al valore che era suo. (Firenze fu per il Balbo « la più Guelfa, la più nazionale di tutte» le città italiane). Ma non errò in senso assoluto, ché, quando non si pretenda riportare 1'800 al '500, come se l'italianità non avesse avuto significati specifici diversi nei singoli periodi storici, prima di definirsi in quello che il Romanticismo volle, la tesi ha pure un suo valore. E questo, se non vado errato, mi pare voglia dire nella sua introduzione il Valori. Il quale ha scritto un libro molto differente da quello del Roth : non solo l'argomento ,è più ristretto, ma la disposizione storiQgrafica è diversa. Il Roth fissa una data: 1512, e inizia sicuro il suo minuto racconto: il Valori, educatosi tra le tante dispute nostrane sulla storio– graifia e la natura della ~tòria, quantunque prenda come inizio il 1527, si rifà indietro agli anni antecedenti, ai Comuni, ondeggia qua e là in cerca del filo della storia d'Italia che possa annodare l'assedio famoso. Egli anela ad un'opera di sintesi, il cu,i desiderio si rivela dallo stesso taglio del volume: la prima metà, quasi, è tutto uno sforzo di mettere a fuoco l'argomento, e si indugia in narrazioni preventive, chiarendo questo o quel lato; e mentre il Roth assedia e blocca il suo argomento, il Valori vuol prenderlo di. sorpresa, assalendo a vicenda i bastioni principali: « Gli antecedenti politici», « I personaggi del dramma», « Le •forze e le armi» .... Né gli si possono negare ottime qualità di sintesi: c'è qua e là, specie nei particolari, qualche ipotesi non autorizzata, ci son pagine troppo pacifiche ormai, perché mettesse_ conto di riscriverle; ma il BibliotecaGino Bianco

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