Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

1l servitore del Diavolo 725 deformati sembrano in poco tempo vestigia amtiche. Questi recinti arrivavamo fino al mare. , N,o[l eramo orti coltivati veramente, ma boscaglie· di fichi selva– tici, ba,ssi, e fichi d'India tra i reci[lti' sgretollati senza ordine. I[l, qua e in là qualche casamatta bassa bassa. Che fossero case si sa– -peva, ma nulla lo avrebbe lasciato supporre a chi fosse stato nuovo del paese. Queste case hamno UIIl ripiamo di terra. Dalla parte del viottolo U[l muro liscio, un po' più alto del recinto, e dalla parte di dentro una specie di apertura, è Ifa porta. A ridosso dei muri, i fichi d'India. Era questo il paesagg,io d'i[ltomo alle offici111e di Giovanni Slodre. L'offici[la di Giovamni Slodre non era perfetta, tuttavia c'Pra quanto occ,orreva per fare di tutto, in genere di meccaJnica. I torni, i trapani, le forge, e anche due fo[lderie disti[lte, una per il br,onzo e l'altra per la ghisa. La fonderia per il bro[lzo era piccola e la fusfo[le avveniva i[l fornelli a crogiolo, mentre il forno per la ghisa era gramde. Si cari– cavano i pezzami d'i ghisa e <dicarbone dall'alto, c'era un motore a vapore che faceva girare U[l ventHatore il cui fiato pene~rava nel fomo, a ,stimolare il carbo111e ardente, che strugge.va i pezzami di metallo. Liquefatti, i metalli, cadeva[lo in fondo al forno, dove c'era un buco tappato con argilla fresca, che ogni tanto i fonditori fora– vano, CO[luna pU1ntadi ferro, come famno i contadini quamdo foramo le botti del vino. Qui, invece deilo zipolo di legno, si richiudeva il foro con un broccoletto di terra argHla. Il foro si faceva fontanellla di metallo liquido, che raccolto nei crogioli a due manici, veniva portato [lene forme, pr,eparate in terra, lo111tane dal forno. Da principio il mio lav,oro fu questo, nelle officine di Giovam111i Slodre, dove ero entrato come operaio, raccomamdato da Edmondò, che era l'occhio diritto del padre. La casa dove abitava la famiglia Slodre, era poco discosta dai capannoni. Per divisione, tra la parte da dove entravamo gli operai e la casa, c'era UIIla .spalliera stentata di verde. Dalla spalliera alla casa, altre piante di fiori che non :fiorivano mai, stavano in riga; ri– quadravamo a campetti il terreno, 111el quale crescevano alla meglio le ortaglie. La casa er,a un piano terreno co111 tutta una terrazza d'avamti, costruita all'usanza di Stambul, senza tetto. La cosa più bella era la tenda a strisce gialle e blu, che a mezzo di carrucole s'increspava in 1 alto, dopo il rosso tramo[lto. Gli operai veri dell'officina, erano pochi. U111 fonditore grasso, sempre seamiciato seduto sulla terra (jli fo[lderia, pareva un porco nel trog,olo, ed era il mio diretto ,superiore. Un giovane che facev•a un po' di tutto, un altro alla forgia, ed uno al tornio. Poi gli aUri, BibliotecaGino Bianco

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