Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

Poscritto per l'onorevole Oppo 473 dare importanza alla sua posizione di Segretario sindacale. S'accomodi'; ma ha torto, secondo la logica e secondo la legge. E, poiché abbiamo la penna in mano, ringraziamolo per aver ridotto la, sua esplicita condanna dell'arte nostra nel '700 a uria .condanna ge– nerica, tra moral~ e politica. Egli, 1~11 agosto aveva scritto : « Il Sette– cento è il secolo nel quale il predominio dell'arte italiana si spegne tra i rasi lampeggianti e i teneri velluti e gli ori rilucenti.» Adesso egli di– chiara che non .intendeva parlare né dell.a nostra musica né del nostr9 teatro, né della nostra architettura, le qùali arti erano in pieno fiore e ammirate da tutta l'Europa; e· nemmeno della letteratura. Adesso egli si limita ·a domandare : (< Non è vero che il Settecento è ·il secolo della decadenza morale e politica. d'un vecchio mondo ? » Lo chiede a, me ? L@ chieda al Mura'tori, al Vico, al Goldoni, al Parini, all'Alfieri, aJ B~retti, al Volta, al Beccaria, allo ,Spallanzani, al '.l'anucci e via dicendo. Tutti cicisbei ? Come non giudico sui bagnanti di questo o quel lido o sugli assidui di questa o quella' sala di danza gli anni nei quali ho fa sorte di vivere, così non giudico l'Italia del Settecento sulle damine, gli arcani e i cicisbei: « Il· Regno di Francia correva verso il baratro spaventoso della .Rivolùzione. » Me ne duole, ma io parlavo dell'Italia. E nella stessa Francia che correva verso il baratro ecc., v'erano, se non sbaglio, parecchie teste che anche i Francesi d'oggi vorrebbero vedere ritte e vive e ragionanti. I suddetti Italiani, dobbiamo riseppellirli tutti per poter liberamente ripetere il vecchio ritornello dei cicisbei, delle parrucche, della· corruzione, « della decaden~a, allora, morale e politica d'un. vec– chio mondo » ? Crede davvero l'Oppo che il mondo nu.ovo sia caduto bell'e fatto come un bolide dal cielo dei sogni ? I mondi :p.uovili fanno gli uomini. C'erano allora questi uomini costruttori di mondi o non c'erano? C'erano in arte, in musica, in morale, in politica, in lette– ratura, in filosofia; e sono quelli che a me importano. A lui importano, almeno « in sede critica», quelli altri. Sono due punti di vista. Li ab- . biamo definiti, lui il suo, io il mio. E· adesso basta.' Ma I'Oppo mi lancia due ottave con la testimonianza ~e visu. del poeta Gian Carlo Passeroni sulla misera Italia di quei tèmpi. In un solo poema il prolWco Passeroni ha. scritto undicimila e novantasette di quelle ottave, e p.ella sterminata opera· sua, ad aver pàzienza, v'è d_a pescare di tutto, anche il contrario di quello che l'Oppo ha citato. L'Italia nostra, io torno a dir, sebbene Sono appassiti alquanto i suoi ligustri, Un non so éhe di. grande ancor mantiene .... Ma i giudizi dei contemporanei ?gnuno sà que~ c~e ~a!gono., DaÌl'_a~no uno al 1929 v',è da abolir~, sceghend? bene quei ~md1z1, tutte le c1vilt~ e tutte le glorie, quella d1 Dante compres~. _Vogliamo con le par~le dei contemporanei giudicare la ~orale e la poht~ca, del q~3:ttro o d~l cm~ue– cento? E un tema che si dà d1 frequente nell esame d1 licenza gmnasiale. Ma ormai l'Oppo se la prende soltanto coi mobili del '700. Ad aver voglia di continuare su questo tono la discussione, ci si potrebbe con qualche eccezione anche mettere d'accordo. Ma questo non proverà che ·bliotecaGino Bianco

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