Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
462 G-. Lipparini centeschi, attraverso quelli che possono parere rifacimenti moderni di qualche canzonetta a.rcaùica, quegli influssi moderni appaiono evidenti con una sensibilità sottile e squisita: L'universo agli occhi miei solitudine si fé : più l'ambrosia degli Dei io non chiedo, o vita, a te. Più non credo alla speranza, la bellissima infedel ; il desìo cne sol m'avanza è la pace dell'avel. ,• « Solitario bosco ombroso .... » Ma quei due primi versi un arcade del Settecento non li avrebbe scritti mai. Non solo l'immagine è vasta e ariosa; ma c'è, espresso cos,i leggiadramente, un senso nuovo e moderno, come di leopardismo un po' ammanierato e aggraziato nella melodia fluente. (Si ricordino, del resto, del Leopardi, le strofette del Risorgi– mento). Ma la ricerca della musica, e la vena melodiosa sono state le caratteristiche del Panzacchi, non solo nelle strofette di tipo arcadico, ma anche, e più, nei metri più consueti della lirica antica e moderna, dal so– netto alla quartina. Già, spesso le sue poesie hanno la prima mossa da, un verso ampio e melodico come il tèma di una sinfonia: Il poeta ascoltò nel gran silenzio della notte serena ; dove è veramente un riflesso, ma senza ombra d'imitazione, dell'insu– perabile verso leopardiano : « Chiara e dolce è la notte e senza vento .... )i Ma, in genere, quell'impeto musicale si affi.evolisce, e alla fine il poeta P. stanco di fiato o interrompe la, poesia in un frammento. Più felice e più nuovo egli ci appare, qiiando adopera il procedimento inverso, e comincia con un .fare placido, ironico o discorsivo, per intonare poi il canto aperto, quasi di sorpresa, in fondo. Si veda la Visita in villa. Il poeta trova dopo molti anni una soave amica della giovinezza; ma il tempo ha fatto di lei una creatura ragionevole e sà,ggia, aliena dalle pazzie d'amore; s'occupa dei fondi, delle rendite, dell'orto; ricorda il vecchio tempo e i vecchi amici, « con tanta pace nelle sue parole, - senza un accenno, senza un sottinteso», che egli scherzosamente dubita, « <li averlo unqua baciato, - quel suo bel volto gentilmente obeso» ; mentre (ed ecco la «frase>> imprevista) men18 mi volteggiavano, davanti circonfuse da nitidi chiarori, la giovinezza sua sparsa di fiori, e la mia gioventù piena di canti. Altre volte, la nota non squilla così aperta ma si diffonde in armonie misteriose : ' Nell'·arla era un effluvio di molte rose ; ed io camminava sui margini del fiume dell'Oblio .... BibliotecaGino Bianco
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