Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
ll servitore del Diavolo 451 taaito piano che muoio a poco per giorno. Se avessi avuto le gambe magre come una volta, sarei andata a morire al mio paese. Sono stata comprata e venduta diciassette volte a prezzo sempre scemato. Ma il padrone che più ha diritto è quello che mi prende adesso per nulla. Avevo 111otatoun certo dispetto del Barberino, quamdo la signora mi chiamava in camera sua, e mi raccomandava qualche faccenda. Spesso, uscendo dalla ,camera della padrona, vedevo il Barberino allontamarsi i111 fretta: evidentemente aveva origliato alla porta. Lo raggiungevo in cucina e lo vedevo preoccupato a simulare un'aria indifferente. La padrona aveva preso confidenza 00111 me, e mi chiamava ogni momento per i più futili motivi. I ,servizi fuori ,di casa mi erano risparmiati, e soltanto la sera aveyo il permesso di uscire. Giuda pretendeva che freque:ntassi l'università serale alla Baracca Rossa, e la padrona, per non dispiacere a Giuda, mi lasciava uscire di casa ma a malincuore. Ero diventato quasi il maggiordomo, e in me era riposta la fiducia depa signora e di Giuda. Avevo imparato certe furberie, e progredivo di giomo in giorno nella coil'lsiderazione dei miei padroni, quamdo dovetti accorgermi del pericolo che mi sovrastava. Non di un ,pericolo solo dovetti ac– corgermi, ma di più pericoli. La signora voleva che le tagliassi le unghie dei piedi dopo che i] vecchio servo del merdocco l'aveva depilata. Io dovevo obbedire: « Le signore )), ·pensai tra me, « 1110111 considerano uomi111ii servi, ed è per questo che non hanno ritegno di uscire nude dal bagno davanti al servo e di farsi dai servi asciugare.)) Entrai Ìlll camer:a della padrona con le forbici arrotate ed un piattino 00n dell'henné cd un batu:ffolilllo di bambagia per colorire le punte dei diti, tosto che avessi tagliato le ulilghie. Trovai la pa– drolila sopra U1I1 divano basso, •avvolta in un lenzuolo spugnoso; evi– tai di guardarla 1I1el viso, ma avevo l'impressione che la padrona si fosse riaddormentata esausta dalla fatica del bagno. E dicevo tra me : « Tanto meglio, tamto meglio .... )) M'inginocchiai. Sentivo che sbuffava. Le scopersi i piedi. La sentii sospirare, come un soffio che venisse da un otre; non osavo levare gli occhi dai piedi, ma sentivo che la padrona era sveglia e mi guardava. Presi le forbici e tagliai l'unghia del dito ;mignolo che era a punta e lunga come il becco di un merlo. Le altre unghie erano storte in cima come gli U1I1ghioli delle capre, e l'unghia del dito pollice era divisa in due, quasi che avesse a difendere due dita al po.sto di uno. Il taglio crudo delle forbici sul vetrino di quelle unghie, quasi mi faceva alleg~ire i denti, come a quelli a cui fa specie strisciare BibliotecaGino Bianco
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