Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
450 E. Pea tato, avrei potuto dire e far mio il motto scritto nel salone delle conferenze nella Baracca Rossa: « Né Dio, né padrone.)) iJ eroico un uomo che bastona un vecchio, si lava le mruni, man– gia, beve e dimentica: chi non ha rimorsi è un eroe. Non ha paura, e dorme senza fare cattivi sogni. Davanti ai miei occhi ora la figura di Giuda giganteggia. Ha' fatto bene a bastonare quel vecchio frunatico .... ,Ma perché ha fatto bene? Era forse un libro di Giuda quello che aveva bruciato? Certo doveva essere un libro amico di Giuda, se non conteneva il nome di Dio .... Il padrone era ricomparso a casa all'indomani di quella sera che l'avevo visto arrotare i coltelli nella Baracca Rossa. Aveva portato la uotizia della rivolta delle navi russe del Baltico, aveva profetizzato 1m grande incendio da quella prima sciilltilla, e poi subito era ripartito per ignoto destino. In casa nessuno parlava del padrone, ed era diventata una co.sa naturale la maucanza del padrone. Io ,avevo domrundato qualche volta del padrone, ma mi ero sentito rispondere nelle mauiere le più stravaganti. Il Barberino mi aveva risposto : - Mangia, bevi e infottitene. Il vecchio servo, quello del merdocco: - Di padroni non c'è mai penuria. E 1o stesso Giuda: - L'umanità non può fare a meno del pa– drone : qurundo non ha padrone lo chiama. - E la signora, alla mia domanda se il padrone dava buone notizie di sé, mi rispose : - Non lo conosco. Un'altra risposta che poteva essere vera, fu quella della schiava sudanese : - Il padrone è chi è presente. - E mi raccontò del suo primo padrone, quando era piccola di dieci runni, e poi del se0ondo, e via via ne aveva avuti diciassette. Ora la schiavitù era abolita, ma per lei era lo stesso. Da qualche tempo l'elefantiasi si era impadronita delle sue gambe. La roton– dità delle coscie si era estesa alle gambe. Le erano diveutate le gambe com~ due 0olonnette di porfido; le vene qua e là si rompe– vano e gemevano, come i pini feriti quando s'hnperlruno di resiilla; , H piede quasi non esisteva più, schiacciato d!a questo rocchio tondo, figuravano i polpastrelli delle cinque dita, confinati a terra a ven– taglio, e le cinque urnghie viola, come cinque scarafaggi morti. - Che m'importa di essere d'un padron.e ,piuttosto che d'un. altro? Il padrone è quello che è presente. E si scopriva senza vergogna e mi giustificava la sua sfaccia– taggine: - Non lo faccio per essere desiderata. Ma perché tu ab– bia compassione della tua sorella schiava. Il padrone è quello che mi ha pietrificato le gambe. Ora su su, s'impossessa di me. Ma BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy