Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
Racconto d' inverno 429 Questa puntata alla sua arte riscosse Asdente, ch'aveva avuto genitori altissimi e allampanati, dalla mostruosa immagine che un'inconscia vendetta gli dava della famiglia di Scartoccio e di Cicalone : gobbi e gobbe, 11n popolo intero di deformi dall'anima nera. Trovò allora coraggio d'alzare gli occhi un momento. - Interessi? Begli interessi a star con te! - sghignazzò l'al– tro. - Mi dai da mangiare, tu, con le tue chiacchiere. Ma poi, mi dici dove l'hai scavata la storia della galera? - domandò a voce bassissima e in tono tale che Asdente si sentì accapponar la pelle, comprendendo contro quale malaugurato scoglio era andato a sbattere. - Io ... ? da nessuna parte - balbettò. - E allora, bada a te, ch'io son uomo da farti rimangiare anche quello che ti passa per la mente. Hai capito ? Bada - ripetè più minaccioso, tutto spenzolato sopra l'indovino, - abbi giudizio! Prima me ne importava poco se Alfonso ti faceva la guerra : affari suoi : vuol sempre esser solo a divertirsi e l'ha con tutti; ma ora ci sono anch'io a tambussarti. Bada, dunque. Agghiacciò il sangue del povero Asdente con un'ultima occhiata che luccicò come un pugnale e ancor tutto fremente usci dalla bottega sbatacchiando forte la porta a vetri. L'infelicissimo gobbo rimase a sedere sul suo banco più morto che vivo, incapace di misurare la gravità del disastro. Lo scosse da quello stato l'oste presentandogli il conto per due persone. Asdente fece cenno che intendeva pagare 'solamente il suo, ma, l'oste con un sorriso che gli avvelenò il sangue nelle vene disse: - Oh, tra amici! Un giorno paga l'uno e il giorno dopo paga l'altro .... E ristette con la mano tesa per riscuotere. Di fuori la casa grandissima pareva gemella al casamento di dove Asdente era stato sfrattato. Però a guardarla dal cortile in– terno mostrava tali differenze d'ambiente, d'aria e di colore, che appunto nell'osservarle col penoso interesse della delusione, il gobbo s'indugiava. Uscito presto dalla sua nuova abitazione, una tetra casupola del quartiere basso della città, per recarsi dall'unico che stimasse un amico sicuro, l'idea d'entrare, cercandolo, in una casa popolosa gli aveva fatto nascere la siperanza di rimaner convinto a prende:rrvi un alloggio per ritrovare fra gente nuova la simpatia e il calore che gli erano venuti a mancare. Ma la novità, e più ancora la mancanza di una vera forza intima a voler così, gli rendevano quei muri ingrati e invernali, come se anche col volgere• delle stagioni il sole non potesse mai venire a scaldarli. Questa immagine del sole, ingiallendo altri muri nel ricordo, inaspriva la sua nostalgia per la vecchia casa. Biblioteca Gino Bianco
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