Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
424 A. Loria ore libere dal mestiere, esercitava con le carte e l'aiuto di un ser– pente impagliato la professione antica e risipettata de!l'indovino_ - È vergogna, in oggi, credere ancora alle stregonerie, - affer– mava nel gruppo dei suoi nuovi amici quando vedeva Asdente at– traversare il cortile in fretta perché sapeva d'essere atteso. - Avete visto come s'affanna l'indovino, stasera? - scherniva mentre gli ascoltatori provavano un senso di vergogna per aver ricorso in !Passato ai talenti divinatori del ciabattino o !Per l'intenzione avuta di ricorrervi in avvenire. Qualcuno sussurrava ridendo : - Anche stasera va da lui la tale per aver notizie del marito_ - Sola ? - chiedeva Scartoccio ghignando. - No, con un'altra donna. Nel gruppo sorgeva facile la derisione per l'indovino ed i suoi ingenui clienti, mentre Scartoccio chissà perché indignato, spie– gava che nei paesi più civili dove aveva fatto gli sgambetti, indo– vini, stregoni e similia non esistevano più da secoli. Asdente ancor !Prima d'aver sentore di quella guerra slealer mentre verso Cicalone che lavorava fuori e tornava a buio nutriva a!I)pena antipatia, verso Scartoccio invece, che rimaneva tutto il giorno in cortile a punzecchiar le donne intente ~l lavatoio con le sue uscite di corteggiatore sfacciato, covava un rancore sordo e a stento represso. « Quel cartello, quel cartello!» Il gobbo l'aveva fotografato in mente. Sulla porta di Scartoccio~ un ingresso libero, appena un intaglio nel muro scabro, c'era un gramde rettangolo di carta con la scritta: Alfonso Frusconi, in arte detto « Scartoccio», famoso in tutto il mondo, abita qui. - È disoccupato, si vede - immaginava Asdente - ep!I)ure è capace di piacere a qualcuna di quelle donne. - Sta sem!I)re in mezzo a loro a far mostra impettito e lustro di tutti quei ciondolL Doni d'ammiratrici? Lo dice lui: per me li piglia in pegno e fa concorrenza al Monte di Pietà. Quando l'indovino conobbe che all'opera di Scartoccio doveva il continuo diminuire dei suoi clienti, il rancore divenne odio e il suo carattere s'inasprì nell'abbandono in cui lo lasciavano i ca– sigliani !I)ercorrere intorno al nemico trionfante. Non era il danno finanziario, perché tutto il pagamento dei suoi consulti si limitava a qualche sigaro o alla !I)romessa di portargli delle scarpe da rat– toppare quasi che ci potesse guadagnare sopra dell'oro, ma il man– car del calore che intorno a lui solitario spandevano i casi tristi e lieti di tanta gente che si confidava. Fu quello il tempo in cui Asdente s'ostinò ad amarli, come gente meritevole noo solo di per– dono, ma anche di compassiOIIle,che si perdev81Ilodietro a u111 pez– zente acrobata e dimenticavano il consigliere oculato, l'amico de- BibliotecaGino Bianco
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