Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

388 T. Ft·anzi un'altra testimonianza 1 ). Feste, carezze, invito a pranzo, preghiera di fermarsi la notte. Ma, il giorno dopo, eccolo scrivere un biglietto a donna, Giulia: « Non ho voluto ieri sera trattenermi più a lungo a Brusuglio, avendo capito benissimo che don Alessandro ne aveva abbastanza della mia riverita persona. » Le ragioni di que.sto scatto si possono ritrova.re , oltre che nel carattere stranissimo del Dalmata, nelle impressioni ch'egli ci 131SCiò di quella visita nelle sue memorie private inedite: « Vo dal Manzoni, che m'invita a Brusuglio. Mi commuovo. Egli buono; 111mogliP, maliziosa; la madre accorata; il figliuolo Filippo senz'affetto >> 2 ). La madre « accorata » due anni dopo mprì. Dolore dovette provarne il Tom– maseo, che la,chiamava ,Maman. .Sotto la scorza rustica egli era affettuoso e, lontano dalla sua mamma che, faceva soffrire adorandola, sentiva il bisogno di lasciar salire dal cuore il nome più caro. Nel '48 durante le Cinque giornate, Filippo 3 ), il figlio che pareva senz'affetto, veniva fatto prigioniero in Castello e scelto, per il cospicuo nome paterno, con altri milanesi come ostaggio dell'Austria a Kufstein e a Vienna. Il Tommaseo immaginò l'angoscia del padre, e fu pronto a infor,– mare don Alessandro che il Governo provvisorio di Venezia, del quale faceva parte con Daniele Manin, aveva proposto di cambiare un viceam– miraglio ed alcuni prigionieri con gli ostaggi presi dal Radetzky. « Que– sto a consolazione di Lei e in pegno della nostra, affettuosa venerazione )) (Inedita sesta). Gioia ne provò il Manzoni, che informò i figli, informò gli amici, e nulla disse al sollecito informatore. « Par che ritardi a rispondervi (lo avvertirà qualche tempo dopo il Rosmini) per non sapere come convenientemente esprimervi tanti suoi affetti. » Glieli seppe esprimere nel '50. Dettogli il Rosmini che dal nuovo esilio di Corfù, dov'era riparato dopo la caduta dell'eroica Venezia, il Tommaseo desiderava tornare in Italia e passar qualche tempo tra Lesa e ,Stresa per trovarsi vicino a loro due, il Manzoni scrisse al genero Mas– simo d'Azeglio, allora ministro del Piemonte, che si faceva una, festa di rivedere dopo tante vicende l'antico e caro amico, rendendosi garante per'lui,. ,Sollecito Massimo acconsenti; ma, un po' per garanzia al Man– zoni, e più per diffidenza verso il Tommaseo, stimò prudente dire al console di Corfù che esigesse dall'esule la firma alla dichiarazione con la quale prometteva di portarsi come uomo onesto, di tenersi lontano dalla politica e di non prender parte nella medesima, né stampando né in altra maniera. L'ingiunzione era pesante; lo sarebbe stato per ogni carattere meno altero del Tommaseo che, manco a dirsi, preferì l'esilio. Tre anni dopo, più acuto lo pungeva il desiderio d'essere vicino al Lago Ma,ggiore, per rivedere i due grandi amici. Nel '55 il Rosmini era morente e il Tommaseo corse al suo letto. Ivi trovò il Manzoni. 1 ) G. BORRI, Oolloqui col Manzoni, Bologna, ZanichelÌi, 1929, cap. IV. 2 ) TOMMASEO-OAPPONI, Carteggio inedito dal 1833 al 1874, per cura di !ll. Dm, LUNGO e P. PRUNAS, Bologna, Zanichelli, vol. rnr, p. 161. 3 ) Su Filippo e gli altri figli del Manzoni, vedi Ideali e caratteri dell'Ottocento di RAFFAELLO BARBIERA, Mil!aino, Treves, 1926. BibliotecaGino Bianco

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