Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

510 SÉVERIN, L'homme blanc disperdendo in gran parte il tesoro dell'arte loro, impoverendola e d_e– formandola. Fu sui primi dell'ottoce.nto che Gaspard Debureau na,to m Boemia da una famiglia di girovaghi francesi, e della quale faceva parte anche come artista, creò la maschera di Pierrot. Era in questa compagnia un vecchio italiano: Giacomo arlecchino, il quale istruiva la pantomima e la metteva in scena, e nella quale erano le maschere italiane Arlec– chino Pulcinella, Pantalone, Pagliaccio, Colombina .... Il vecchio Gia- ' ' . . corno morì a Praga e Gaspard Debureau fu il suo allievo e successore nella direzione della pantomima, che la compagnia eseguiva insieme a numeri di acroba,tismo e giuochi e canto ed attrazioni diverse. In una di queste pantomime che Giacomo istruiva era la figura di un morto risusci– tato il quale doveva neoessariamente imbiancarsi la faccia. Si a,ccorse Debureau disimpegnando questo ruolo, come la sua faccia prendesse in . quella truccatura atteggiamenti di grandissimo interesse per la scena, per cui si pose a studiarla assiduamente; aggiunse a tale imbiancatura una linea molto marcata degli occhi e delle sopracciglia, e il minio delle labbra che vi prendevano grandissimo rilievo, vi aggiunse poi la calotta di Giacomo arlecchino, la veste bianca ispirata forse da quella di pulci– nella o di pagliaccio e a suo genio trasformata: Pierrot era sorto ·senza che lui medesimo se ne fosse avveduto. Ma compiacendosi della sua, èrea– zione egli non pensò più da quel giorno che ad arricchirla e svilupparla facendola viver,e e diventare una figura viva; e trasmettendola, al figliolo Charles che fu il suo erede ed il secondo dei grandi Pierrots di Francia. Charles Debureau trasmesse a sua volta ta,le eredità a Louis Rouff.e e questi al nostro .Séverin. Ecco l'albero genealogico dei Pierrot~, alle cui radici è la tradizione di Giacomo arlecchino, venutagli di generazione in generazione e fondata sui principi della scuola romana, e la cui base era probabilmente sempre rimasta in Italia a Bergamo o a Milano doVf· nell'Ottocento, alla Scala, sorse una grande scuola che rese alla panto– mima, insieme coi Pierrots di Francia, splendor~ di vita. Attorno a que– sti quattro grandi Pierrots un'infinità' di minori ve ne furono, spesso buoni .o mediocri, ·e qualche volta minimi o detestabili:. Per qua,si tutto u,n secolo Pierrot fu l'amore del popolo e dei poeti, e dei fanciulli; e si potrebbe dire che fanciullo lui stesso fu l'amore di tutti i fanciulli : il cuore dei cuori. Dai marinari di .Marsiglia litigiosi e bur– beri, beoni, induriti nella luce e nella fatica, che si stringevano l'un l'altro la sera sulle panche dei teatrini da pochi soldi, e divenivano at– tenti, silenziosi, commovendosi. fino alle lacrime alle vicende dell'uomo bianco, e scattavano di sdegno o respiravan6 di sodisfazione allo svolgersi, sulla scena dei sentimenti umani più elementari ed eterni; ai più illustri, poeti e letterati di. Parigi che lo cuoprirono di sorrisi e di carezze. Coi primi tre maestri Pierrot rimase una specie di eroe invitto, spa– daccino e pugila,tore, che attraverso peripezie sbalorditive e difficoltà insormontabili finiva sempre per trionfare e far trionfare la giustizia e . la virtù, tale il buon pubblico marsigliese lo aveva sempre amato, ma volle Séverin che Pierrot soffrisse tutti i dolori dell'umanità a nfl godC!,JSe le gioie, facendolo a questo modo seguir~ i tempi, ed è qui appunto ch'egli trova la sua originalità e si differenzia da tutte le altre maschere del teatro, chiuse nel cerchio di ferro del lor.o carattere come una formula. Biblioteca Gino Bianco

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