Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

SÉVERIN, L' homme blanc 509 sublime Homme Blano. » Alle lotte con la famiglia succedono quelle con la nuova vita di artista nei piccoli teatri di Marsiglia e della Pro– venza, lotte con gl'impresari e..coi compagni, e spesso con la miseria, sostenute sempre con nobiltà d'animo grandissima e sempre crescente amore per la propria arte; per passare su su ai teatri più importanti di Marsiglia e della Francia meridionaJ.e, fino a quelli di Parigi, e da questi ai teatri delle massime capitali d'Europa e d'America. La candida semplicità e il fiero amore per l'arte con cui questi ri– cordi vengono evocati ne fanno un libro di fede e di amore come soltanto i veri artisti possono scrivere, e, oserei dire, i veri artisti non letterati più facilmente, che.è proprio l'assenza della letteratura a costituirne l'ec– cellenza. Essendo la meteria tanto aderente allo scrittore deve il lette– rato, avvicinandosi a questo cimento, sapersi spogliare di tutti i pa– ludamenti, dimenticare tutti gli artifizi, resistere a tutte le tentazioni della propria arte per poterla cogliere con l'umile sincerità che sofa può far rivivere degnamente la propria vita sopra la carta. Molto opportunamente Séverin, attraverso le suf:lnotizie e ricerche, ci fa risalire alla nascita di Pierrot, al sorgere della pantomima fran– cese, eredità romana attraverso le maschere italiane, ed alle prim(l ori– gini della pantomima presso i romani; al suo splendore e decadenza. Andronico, come tutti i poeti del suo tempo, narra Tito Livio, rappresen– tava egli stesso le proprie opere; troppo spesso richiesto dal pubblico di replica.re i punti più salienti di esse e la voce venendogli meno, ottenne un a sera di mettere vicino al suonatore di flauto un giovane schiavo che diceva le pa,role per lui, egli poteva a questo modo rappresentare col gesto la sua parte con grandissima efficacia essendogli risparmiata la fa– tica del petto: la trovata di Andronico ebbe quella sera lietissimo esito e segnò il principio della oantomima, che sviluppandosi ed evolvendosi divenne presto nuova arte predilettissima ai romani, e che sotto il regno di Augusto ebbe i suoi mimi più famosi: Pilade e Batillo, che soppressero il canto e la parola tutto supplendo col gesto e vantaggiosamente a segno che la pantomima fu oggetto di tale entusiasmo per cui vennero create scuole ed un vero e proprio conservatorio. I due mimi avevano i loro partigiani fedelissimi e pronti, e il partito avverso; il sangue fu versato più e più volte per essi in queste competizioni, tanto che Augusto dové intervenire nella lotta, e non potendo esiliare insieme i due mimi perché il popolo sarebbe insorto, esiliò Pilade ch'ebbe ardire di dichiarargli: « rifletti Cesare, è nel tuo interesse che il popolo si ricrei dei miei gesti, questo spettacolo lo distrae dalle tue azioni. >> E come Roma ebbe i suoi Dei urbani ebbe cosi i suoi mimi urbani, quelli dei grandi teatri, che il popolo accorreva ad ammirare con passione, ed ebbe altresì i mimi do– mestici che i patrizi ed i ricchi ospitavano nelle loro case, ma mentre i primi facevano uso di maschere sul viso, questi ultimi rappresenta– vano a viso scoperto, ciò che permise loro di aggiungere all'arte del gesto quella della fisionomia. In seguito però, per il furore delle contese e la fatalità delle vicende, i mimi vennero perseguitati, maggiormente perseguitati poi dai barbari, perseguitati dalla chiesa e scomunicati; un d'essi, Genesto, fu martire e beatificato; si rifugiarono di paese in paese, si dispersero per la terra 'bliotecaGino Bianco

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