Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929
386 T. Franzi L'articolo spiacque a tutti. Michele Barbi, dopo aver esaminato il carteggio del Tommaseo col Vieusseux dove il romanzo del Manzoni è annunciato da Milano entusia– sticamente, sorpreso per l'intonazione diversa e ambigua delle pagine scritte pochi mesi dopo a iFirenze, si domanda : « Ma è stato preso pro– prio pel suo verso quell'articolo ? Ne dubito. Occorre, a intenderlo bene, una diligente ricerca psicologica sul Tommaseo uomo e scrittore » 1 ). Occorre tener presente la confessione del Tommaseo venticinquenne al Manzoni: « Scuserà la necessità in cui son posto di parlare di cose ch'io intendo ancor meno del benigno lettore. » Triste gli f~ sempre il primo soggiorno in una città; quello poi di Firenze, dopo che aveva rivista la sua Dalmazia, gli tornò tristissimo. Poco l'attiravano la gaiezza del cielo e la bellezza dell'arte, meno ancora gli ùomini. « Né il bene ch'era in loro sapeva io conoscere, né essi quel poco che in me.» Essi lo soprannominavano «onagro», asino selvatico, ed egli ci stava in me1zo come « un ablativo assoluto». Conforto gli era il lavoro dei .Sinonimi. Ne pubblicò un saggio nel Nuovo Raccoglitore del '29; ma ecco, il Tommaseo è preso daJla paura d'aver fatto cosa sofistica e falsa. Se il Manzoni, che nei tre anni mila– nesi aveva acceso in lui, dalmata, l'-amore della lingua italiana e che, durante il faticoso lavoro, gli era sempre stato nel pensiero, se ora gli volesse dire una parola.... « Una parola mi basta. La coscienza farà il resrtd e il timor di fallare, ch'è molto in me l>(Lettera inedita seconda). Non una parola, ma una lunga lettera gli rispose pronta.mente il Man– zoni: la lettera del 13 gennaio 1830, che si legge in Pégaso nel numero di maggio. Nel riportare i sinonimi del Grassi, il Tommaseo li commenta con brevi note critiche, respinge alcune distinzioni tra vocabolo e vocabolo, altre n'aggiunge, e ne adotta di così diverse che sembrano quasi contra– rie fondandosi sull'autorità degli scrittori. Per alcune di queste distin– zioni, il Manzoni gli accenna qualche dubbio; meno sommessivamente gli espone la propria opinione particofare che fonda la lingua, non sull'au– torità degli scrittori, ma sull'uso. « L'uso, Ella dice benissimo, è l'arbitro sovr;m o; ma c'è di vocaboli dove l'uso della lingua parlata dice pochis-– si.mo o nulla>>, replica riguardosamente il Tommaseo nella terza di queste lettere inedite. Ormai la discussione è avviata. Di una grave colpa ora gli premeva farsi perdonare. Richiesto dai Batelli, librai di Firenze, di ristampare le opere del Manzoni, ne aveva chiesto il consenso all'Autore, che gli oppose un cortese rifiuto. Il Tom– maseo vi passò sopra, e le Opere furono ristampate. Comparsa l'edizione in sei volumi, la Biblioteca italiana l'attaccò senza misericordia. Credendo di riconoscere nell'anonimo stroncatore l'autore di una critic;a, all'Adelchi, in opposizione alla quale egli aveva riportate nell'edizione le sue osservazioni, in un impeto di collera il Tom- 1 ) M. BARBI, Alessandro Manzoni e i! suo romanzo nel carteggio del Tommaseo ool Vieusseum (In Miscellanea di studi critici edUa in onore di Arturo Graf, Ber– gamo, <e Arti Grafiche», 1903). ibliotecaGino B anc6
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