Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

J 482 T. GALL.A.RATI Sco•1"l'I, Vita di Dante dei critici su questo punto, e in che senso vadano intesi i rimproveri di Beatrice nel Paradiso ,terrestre, ho detto più volte, e ultimamente in uno studio sulla tenzone con Forese Donati, che il Gallarati Scotti mo– stra di non conoscere. Non posso qui rientrare in una questione tanto complessa; ma debbo almeno notare quanto ardito sia dedurre dai rim– proveri di Beatrice che Dante subisse, nel periodo d'allontanamento dalla sua cara guida, « l'influsso di quelle dottrine filosofiche contrarie al _cri– stianesimo, che condannerà poi nell'Inferno sotto la vaga denomma– zione 'di 'epicureismo'», ossia « di quella eresia universale di tutti i tempi che nega la spiritualità dell' anima e la sua immortalità. )) Avrebbe dovuto trattenere da si temeraria deduzione il calore con cui\ nel Convivio (e contro quest'opera son pur rivolti,! a confessione dello stesso Gallarati ·Scotti, i rimproveri di Beatriée) Dante condanna quella perversa dottrina e la fermezza con la quale c6nfessa la sua credenza nell'altra vita: « Dico che in tra tutte le bestialitadi quella è stoltis– sima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita.... e io cosi credo, cosi affermo e cosi certo sono 31d altra vita migliore dopo questa, passare, là dove quella gloriosa donna vive de la quale fu l'anima· mia innamorata>) (II, vm, 8 e 16). Invece di fan– tasticare a trovar nelle riprensioni di Beatrice tutte le peggiori nequizie che si possono pensare per un uomo « dalle I proporzioni gigantesche nel bene e nel male», non sarebbe stato meglio rioercare con più diligenza le prove della vita reale. condotta da Dante nell'ultimo decennio che passò in patria? È il periodo in cui più s'adopra per la scienza e per acquistare cortesia e valove ;-il tempo in cui ritrae ed ascolta con affezione le opere leggiàdre e gli onorati nomi dei fiorentini della passata gene– razione che avevan posto tutto il loro ingegno a ' ben fare ' per la città, e egli stesso s' accinge a fare altrettanto, ,sotto la guida di Brunetto e di propria iniziativa; son gli anni in cui lamenta che_ il tempo sia ri– volto a danno d'ogni leggiadro operare e del poetare d'Amore, di quel- 1' Amore da cui deriva quaggiù la vera nobiltà e ogni altra virtù. Met– tere in rilievo questi e altri indizi, e illustrarli convenientemente, era certo più utile che strologare che cosa sarebbe potuto avvenire nel volgere degli anni « per un gesto solo di debolezza l>di Beatrice verso l'amante, e s,e « la colpa o la stanchezza)) sarebbe prevalsa nelle loro relazjoni, quando n.on fosse giunta la morte a stendere fra loro « un mare silenzioso e innavigabile. )) Come la vita interiore della maturità di Dante ,è in realtà qualche cosa di più e di diverso da una infedeltà a Beatrice, così la Divina Com– media è nella sua genesi assai più che un semplice ritorno alla sua donn.a per la delusione provata néi suoi affetti e ideali mondani con la morte di Arrigo VII. ,Il Gallarati Scotti si ferma a lungo a sostenere che il poema deve essere stato composto dopo il 1313; ma molte delle sue argomentazioni valgono soltanto contro chi lo volesse scritto nel i300 o prima, non contro chi lo creda iniziato quando già un quinquennio d'esilio aveva mostrato a Dante le dolorose condizioni dell'Italia e le sue meditazioni gli avevano persuasa la' necessità dell'Impero che ri– stabilisse la giustizia nel mondo e cooperasse in buon accordo con la Chiesa per la salute dell'umanità. Non che il nostro autore non sia BibliotecaGino Bianco

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