Pègaso - anno I - n. 10 - ottobre 1929

T. GALLARA'l'I ScoT'J'I, Vita d·i Dante 481 indizi consigliano, che Dante abbia prima prestato poetico omaggio a due gentildonne, com'era uso, e che da ultimo sia giunta Beatrice a destargli cosi pròfonda simpatia, rinnovando anche lontane impressioni della fanciullezza, da fargli immaginare che il suo spirito fosse in co– municazione miracolosa con quella gentilissima sin da quando ell'era comparsa nel mondo? :ffi lecito, ad ogni modo, parlare di « bocche ba– ciate » là dove il poeta sogna d'andare per mare coi suoi amici e con le loro donne, e « quivi ragionar sempre d'amore» ? E se a proposito della seconda donna della difesa la gente « parlava oltre i termini della cor– tesia», non sono frasi queste da intendersi con l'obbligo scrupc:Hoso del segreto e con tutti gli altri usi dell'amore cortese? .Che il Gallarati Scotti creda per il suo assunto di potersi far forte dei sospirosi sonetti per la donna pietosa della Vita Nuova) confesso che mi fa maraviglia: e anche se altre rime fossero da ricongiungere con quei sonetti per un riac– cendersi dell'amore posteriormente al compimento di quell'opera, potrà dirsi qua e là calda l'espressione (per la costante preoccupazione del poeta: «chimi scuserà s'io non so dire I quel che mi fai sentire?))), ma il sentimento è sempre elevato; e basta ch'io torni a ricordare le canzoni Amor) che rnovi e Io sento sì d)amor la gran possanza. Ma si dirà: non ci sono le canzoni petrose ? Ci sono; ma prima di tutto il Gallarati Scotti le ascrive al tempo dell'esilio, come indizio non so se della terza o della quarta burrasca passionale di Dante; e poi, quand'anche si assegnino, come a me par preferibile, all'ultimo decennio vissuto in Firenze, non sarebbe un curioso sfogo di sentimenti immediati quell'insistente para– gonare i vari stati della natura durante l'inverno e la primavera con la sua condizione ? quel contemplare la propria' passione in relazione col– l'ombra, col verde, coi colli e con le dure pietre? e quel far consistere. tutta la sua vendetta, del fuggire ch'ella fa, nel metterle la mano nei ca– pelli e guardarla da vicino fissamente negli occhi, e poi renderle perdono e amore ? Gridi pure il Gallarati Scotti che si manca di rispetto a.Dante;,. ma ch'egli volesse in quel tempo gareggiare con l'arte di Arnaldo Da– niello e tentare ' aliquid novum atque intentatum' non è invenzione dei critici. Io non mi curo di precisar troppo se Dante fu uomo lussurioso e come sodisfacesse ai suoi bisogni naturali: dico che le prove non si hanno, e non si de,vono cercare, nelle sue rime; e che se egli indirizzò una canzone (che non ha che vedere con le petrose) a Moroello Mala– spina, con una l,ettera dove confessa che regna in lui amore senza pos– sibilità di resistergli, questo non prova già quello che s'immagina il Gallarat~ Scott~, ma al con~rario che anche Dante era talvolt_a costre~to a scrivere poesie per compiacere qualche suo protettore e ricordarsi a lui. Dico anche che se Dante fosse stato in realtà sopraffatto da poco oneste furie amorose, e pur avesse sentito il bisogno di sfogare la sua torbida passione in canzoni e sonetti, non avrebbe propalato tutte quelle sue focose espansioni in quegli anni appunto che sentiva la necessità di giustificare nel Cqnvivio il suo poetare d'amore come esercizio d'altri tempi e di trasformarlo in celebrazione della filosofia. Opporrà tuttavia il Gallarati Scotti che un periodo di traviamento è pur confessato da Dante stesso nel poema (e ad esso è infatti dedicato ' nella Vita un intero capitolo); ma perch'io non creda alle esagerazioni 81- Hgaao. iblioteéaGino.BianGo

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