Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

.La Stella del Nord 209 - Che cos'è questo pianto? - le domandò, guardandole atten– tamente il viso: - Piangi per il ventaglio? ---:--Sì, 1110, - rispose confusa la signora Celeste: - Piangere per im ventaglio? NOIIlavessi che quello! -- E allora, perché? - C'è tanto fumo, 1110111 vedi che nuvola? - disse la signora Ce- leste : - Qui almeno si respira. Ma ora andiamo. Mi vuoi dàre il tuo braccio, brutto cattivo? O ti vergogni <iella tua vecchia mamma? Prese il suo braccio, glielo pizzicò, e, tutta scossa da piccoli sussulti di riso, lo spinse verso la porta. --:- Sì, sì, tè ne vergogni, - diceva, - lo so, 1110111 siamo più per la st:mda e al buio. Qui tutti ci vedo1110, tutti ci guardano. Ci vuol pazienza, bambino mio. ·_ Che cosa può importarmene, di questa gente? - rispoodeva Massimo, crollando le spalle: - E perché mi dovrei vergognare? - E allora perché mi· avete lasciata sola tutta la sera, sig,nor ,capit3Jllo? Ora farete la penit~za: ballerete con me. Sì, sì, Mas– simo! Chi è quella vecchiettina che balla con quel magnifico orso? Son io. A111diamo,andiamo. · - 1 Ma io non so più ballare, - disse ;Mas~imo, cercando di resisterle. - Oh, n0111 importa! Lasciati condurre d'a me. Entrarono 111ella-sala da ballo che era sempre gremita. La si– gnora Celeste si faceva largo con piccoli colpi di gomito, Massimo si lasciava un po' trascinare. L'orchestra suonava un tam.go lentis– simo e· voluttuoso, e agli altri strumenti s'era aggi unta or a u111a, chitarra che riempiva l'aria delle malinc0111ichevibrazioni delle sue corde. Avev3Jllo appena cominciato a ballare, quando la signora Celeste vide, poco lontarn.o, Marcello che ballava coo Alessandra. Es8ellldo più alto di lei, gli bastava tenere il capo leggermente in– clilllato per posare la gota sui suoi capelli e lasciarsela accarezzare. Di quando in quando invece glieli sfiorava con le labbra, e pareva che bevesse di quell'oro fluido, che 111e aspirasse il profumo. Allora, qualche cosa le sussurrava anche all'orecchio, mentre si muoveva seoondò le diverse figure del ballo. - Ci sei, fra le mie braccia, :finalmente, - le diceva infatti : - Ribellati,. se ci riesci, bella smorfiosa,. Posso stringerti come voglio. - Se questo lo chiama avermi fra le sue braccia! - E perché no? NOIIlè il tuo corpo, questo? Non sono le tu~ spalle, i tuoi fi3Jllc'hi? E con un abito così leggiero ! C'è del mor– bido.·... Mi piace. Oh, ecco tua madre. S'è svegliata. Balla ron Massimo. · - Beata lei! - Beato lui, forse. Tua madre sì che è una donna. Ohe tempe– ramento! Non è un sasso còtne te, tua madre. H. - Pèqaso. teca Gino Bianco

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