Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

U. Ojetti Questa tolleranza è accompagnata da una gentilezza di maniere che faceva scrivere nel 1817 a Stendhal : « Il /aut savoir qu' en Italie w:i paysan observe presque aussi finement qu'un marquis les con– venances qui se lisent dans les yeux. » E runchè questo, in qualche opusoolo di propagrunda turistica bisognerebbe rioordare 1perché, se lllOnerro, è un fatto soltanto nostro. L'Italiano, cheoché credruno gli osservatori volanti che ci giu– dicano da dietro i vetri d'un vagollleletto e di'una berlma automo– bile, ha un follldo di malinoonia che due o tre secoli fa ci era unani– memoote riconosciuto dai viaggiatori allora meno frettolosi. Il francese Nicolas Audeber alla fine del '500 notava: « L' Italien est fort tnelancholique camme sont ordinairement les hommes d' enten– dement, et néanmoins est f ort recréatif et facétieux quand il est en compagnie, et y apporte ordinairement un visage gai et un honnéte accueil à tous. )) Né l'Italiano è mutato da allora. L'Italiruno è il popolo più immutabile d'Europa. Mutano i suoi giudici e critici che vengono a cercare qui un riflesso o un contrasto all'animo loro. Ma llasta guardare il volto d'un fiorentino o d'un romano, d'una fiorentina o d'una romana, e poi andare a ritrovarlo tale e quale dentro una chiesa o un museo, in un affresco o in un busto di quattrocento o di novecento anni prima, per essere certi della per– fetta continuità della razza nostra. Questa dolce malinconia è come un'ombra della memoria sul cuore. Essa viene dall'esperienza non dimooticata e dalla sicu– rezza che la gloria ipiù solare e il dominio più obbedito sono labili e cedono come una corda troippo tesa o una nota troppo alta. Essa non esclude, anzi genera quella serena e cordiale ilarità che è tutta nostra e che a molti stranieri sembrò leggerezza: ilarità che nasce dal contrasto tra questo universale ed eterno mutamento della fortuna in sfortuna e della sfortuna in fortuna, e la sicurezza nostra che nel continuo turbine di questa vicenda solo l'Italia i;ion può perire protett~ com'è dagli Dei. Haec est Italia Diis sacra. Essa nasce anche dalla lllostra capacità, ormai, d'acoonteintarci e d'abbandolllarci a una felicità anche breve, parva sed apta mihi, d'un giorno di sole, d'una compagnia gioconda, d'una musica fa– cile, d'un amore che non giura sul domani, della contemplazione ~'una bellezza o viva o d~pi'nta o scolpita, d'un affetto familiare ignorato dal mondo, del gioco d'ombra e luce che fanno le foglie d'un pergolato sul marmo bianco d'una mensa e sul vino rosso o giallo del tuo bicchiere. Quest'arte di godere la vita che tanti ven– gono a imparare in Italia, !I)arag6nala ai convulsi sperperi e alle torbide follie oggi più che mai vequenti di là dall' Alpi o dal mare o dall'oc_eano, e co111 pi~ giustizia potrai chiamarla sobrietà e sag– gezza. Bisognerebbe scrivere ad! uso degli stranieri un libro su que- BibliotecaGino Bianco

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