Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

Pensieri a ben vivere 133 Imperciocché i collerici sono naturalmente amorevoli. ·Degli avari non parlo, perché questi non dovriano, per dir così, star SOl()rala Terra, non che esser serviti. VI. . Il più delle volte gli UominLin cose d'onore, cose di dignità ed uffizi si persuadono di sapere e di ,poter più che noo possano e non sanno, e per questo pochi son quelli che rifiutino dignità !Per grandi e faticose che sieno. Ma nelle cose di fatica solo corporale come di camminare, vegliare, digiunare e simili, sempre gli Uomini pensano di 1POter meno di quello che veramente potrebbero se volessero. Questo viene dall'amor proprio, l'altro dalla Superbia, ed Ambizione che nooi ci lascia imperare noi stessi, né conoscere· come e quali si3fillo. Credo di non errare credendo che niuno può arrivare ad ottener nome di prudente, se non gli vien fatta contraddizione gagliarda, per non dire persecuzione aperta, perché nella contraddizione l'Uomo s'affina, e col discorrere ben le cose, e considerare attenta– mente quelle che prima non si curavano, si fa !Prudente col tempo. Ciò non riesce a chi sta sempre nelle prosperità, non avendo questi occasione d'esercitare il cervello, e pensare le circostanze delle cose per aiutarsi. E però tra i beni che si cavano dalle persecuzioni, che sono molti, io stimo questo principalissimo. VII. Ho opinione che niuno che sia di natura facile ad alterarsi, e che non sap1Pia contenersi ne' primi moti naturali, possa riuscir bene in cose d'imiportanza ed anche buon soldato. - VIII. Non aspettate mai gratitudine dal Superbo, perçhé al Superbo par sempre di ricevere meno di quello che se gli dee. Fate perciò bene e più servizio agli Umili i quali vi saran sempre gratissimi, stimando essi le cose assai più di quello che esse sono. IX. Gli Uomini savi non si debbono curare, anzi debbono fuggire d'essere eletti arbitri o giudici tra due loro amici, !Perché per lo più, c001la sentenza, se ne perde Ulllo, per giusta ch'ella sia. iMa. più presto dee consentire d'essere eletto arbitro fra due non suoi cono– scenti, perché con la sentenza se ne farà uno amico, e l'altro non si perde perché prima non era amico.

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