Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

G. CENA, Poesie edite e inedite ecc. 239 sponda, ai canoni della, scuola (quella naturalista) ma, che commuova ed elevi» ; e quando il poemetto è uscito, e i c;itici vi trovano dei difetti formali (« Tutti parlano di difetti formali che ci sarebbero nel mio poe1IDetto .... »), egli si rifà con una sorta di orgoglio da « figlio dei campi))' e sempre al Pellizza scrive: « Ho girato molto per il Canadese e per le valli d'Aosta, di Cbiusella e di Lanzo; fui stupito che il mio libro sia noto dappertutto. E le donne : - Come mi ha fatto piangere ! - E le persone semplici sono le più sagge perché sanno piangere. » Ma subito dopo, in una lettera al Faldella, questa confessione: « La mia lima migliora talvolta i particolari, ma introduce un capitello rinasci– mento in un edificio gotico talora. » Nell'apparente contradizione di queste citazioni, e di molte altre simili che si potrebbero trarre e dalle lettere e dalle prime pagine del volume di _l'entiieri e frammenti, si scorge chiaramente qual'è l'ideale dell'artista: la semplicità; e la sua aspirazione: toccare, commuovere le persone semplici. Fu raggiunto da lui questo ideale?; si realizzò la sua aspirazione ? Vediamolo nei versi, e basteranno i primi, quelli di Mrtdrfl. Già egli ammetteva, conforme ai tempi ch'erano ancora pienamente carducciani, e conforme al vecchio canone tecnico della composizione letteraria poetica d'origine cùlta, il mezzo d'un « intenso artificio» e la cura dei «particolari» sia pure a scapito dell'armonia, dell'insieme (il capitello rinascimento in un edificio gotico); ma basta aprire le Poeiiie, e solo le, quartine e i sonetti del primo poemetto, per accorgersi che quell'ideale e quella aspirazione sono insidiati quasi a ogni passo da un linguaggio poetico di timbro nobile che a stento si piega e s'ade– gua, all'umiltà dell'argomento, alla familiarità, della materia. Ecco, nel primo -sonetto : Qui dove tutte le defunte cose tPaion sognare un tuo ritorno, evòco io tra' fratelli in suon di pianti roco, o madre, le memorie lagrimose .... I L'impostazione classicheggiante della quartina: qui d?ve, e il terzo verso, con quel « suon di pianti :oco », e _qu~l~olenne,voc?-tivo: o ~adre, e il classico evòco contrastano già dal prmc1p10 con I uIDile avverumento familiare (la malattia e la morte della madre, la miseria della fami– gliuola, la dilsarmata bontà del pad~ operaio f;CC) che sarà il t?ma d?l poemetto. 'ruttavia il lavoro della hma, la dichiarata cura dei p~rti– colari e la, scelta d'un eloquio intonato eloquentemente non raggmn- - gono quell'inerte levigatezza che avrebbe in~u~biamente ~offocati _findal sorgere i movimenti spontanei di questa lirica confessione e rievoca– zione : ed ecco perché accanto a strofe, a versi d'andamento ~ostenuto, se ne allineano altri di tono quasi cronachistico, andante. 81 legga, a esempio: Eravamo lontani lavorando, però che il borgo non ci dava pane, entrambi a la città Vittore ed io ... ; iblioteca Gino Bianco

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