Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
G. CENA, Poesie edite e inedite ecc. Salisburgo», donde si sarebbe mosso, nuovo pellegrino apostolico, per un viaggio attraverso l'Austria, « comme l'a été un de mes prédécesseurs, ce saint Pie VI.» E dall'Austria sarebbe passato n~i paesi cattolici della Germa,nia, in Belgio, in Irlanda; e poi in Francia e in Spagna. Che vasto campo per guadagnare le anime; « c'est alors seulement qu'on verrait ce que c'est la Papauté ! » Ma ci sarebbero voluti venti anni di meno e - aggiungiamo noi - l'Europa dei tempi di Pio VI. Le inquietudini migratorie, calmate quell'anno, riapparvero neil successivo dopo la visita di Guglielmo II. Crispi, sicuro di sé, fece sapere a Leone XIII, per mezzo del cardinale llohenlohe, che se voleva andarsene era libero di farlo e sarebbe stato accompagnato con tutti gli onori, ma a Roma non sarebbe più tornato. Forse anche, l'Austria incominciava a essere stanca delle paure ingiustificate del Papa. L'anno successivo, alle nuove insistenze di Leone XIII, che tornava a parlare di una probabile partenza da Roma, Francesco Giuseppe, pur con i debiti riguardi, rispose che le difficoltà erano molte, le sue forze insufficienti e perciò egli non poteva far altro che unirsi al Pontefice per implorare dal Cielo un felice esito dell'opera conciliatrice. Incominciava a raùicarsi la persuasione che la questione romana non si sarebbe risolta, se non per via di accordi. Si tornava cioè alla politica di Cavour. Ma sia lecito esprimere il parere, a conchiusione di queste pagine, che alla conciliazione non si sarebbe arrivati, se non fosse scomparso l'impero austriaco, nel quale il Papato particolarmente confidava pea-le sue rivendicazioni. ANTONIO PANELLA. GIOVANNI CENA, Poesie edite e inedite - Gli ammonitori, - Pensieri (j fram– menti inediti - Saggi critici - Lettere. - L'Impronta, Torino, 1929- Volumi 5. L. 70. · Tre amici - Leonardo Bistolfi, Annibale Pastore e Eugenia Ba– legno - hanno raccolta in cinque volumi l'opera di Giovanni Cena. La. curiosità del lettore che conosce già i poemetti e il romanzo va verso le lettere e i pensieri e frammenti per cogliere alle origini il segreto del– l'artista e l'animo dell'uomo, e attraverso la lettura risalire all'opera vera e propria allo scopo di sqoprirvi, col sussidio del documento quoti– diano, l'accento genuino. In una delle prime lettere, all'a;mico pittore Mucchi, si legge, a proposito delle dannunziane Vergini delle Rocce : « La commozione viene dalla semplicità, dalla semplicità in arte ottenuta magari con intenso artificio .... »; e poco più oltre, in una lettera al pittore Pellizza da Volpedo : « Oh, la sincerità, la semplicità come si perdono nella comunione con altri non sinceri, non semplici! Come son lieto di esse!". figlio dei campi, di non potermi ridurre! » Torna subito in mente un suo brutto verso di chiusa a un sonetto : « io, nato a la foresta ed al ruggito» che ripeteva anche scrivendo ad amici, quasi a farsene una divisa. Siamo nel '97, sta per uscire il primo poemetto, Madre; ed egli scrive al Pellizza: « Quello che voglio dall'arte mia non è già che ri- Biblioteca Gino Bianco
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