Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
236 F. SALATA, Per la storia diplomatica della questione romana casse un modus vivendi col Papa, e il Kalnoki, ministro degli esteri austriaco, ne escogitò uno curiosissimo : « mantenere Roma capitale d'Italia cosi 'come Mosca è la capitale, il sacrario, della Russia. Non vi risi ederebbero né la Corte né il governo, ma nelle occasioni solenni, qua.li incoronazioni, festività, ecc., il Re vi terrebbe corte in buona armon ia col Pontefice. >> .Se non che, lo stesso Kalnoki capi che la pro– posta era assurda e inaccettabile da parte del governo italiano. Dopo tanto discutere, ,si ottenne questo meschino risultato: che nel pream– bolo del trattato, pa,rlando degli scopi dell'alleanza, alla fra,se « premu– nire, contro i pericoli che potrebbero minacciare la tranquillità dei loro Stati» fu sostituita l'altra « minacciare la sicurezza dei loro Stati.>> Leone XIII che, impressionato e scontento del patto stretto dal- 1' Austria cogli usurpatori, protestava presso Francesco Giuseppe, questi rispondeva, .rassicurandolo: « Per quantOI concerne l'Italia, ogni que– stione di principio fu lasciata in disparte; fu evitato qualsiasi accordo, da cui si potesse arguire ad una guarentigia territoriale o ad un ricono– scimento dei suoi titoli di possesso. » E dopo ciò, possiamo anche meglio renderci conto della mancata restituzione della visita ai Reali d'Italia da parte di Francesco Giuseppe, alla quale Leone XIII sempre ostina– tamente si oppose. Egli era convinto che Austria e Germania, avessero commesso un grossolano errore, alleandosi coll'ItaUa, che, per le sue condizioni interne e per la inimici,zia col Papato, non poteva essere ele– mento d'ordine nella politica europea. Neppur lui si sentiva tranquillo, e di qui i ripetuti propositi di abbandonare Roma. L'idea si era affacciata anche alla mente di Pio IX alla vigilia dell'occupazione di Roma, era durata qualche settimana dopo l'occupa- "- zione, ma era ,stata subito abbandonata, perché nessuna potenza catto– lica si era dimostrata favorevole. Il solo che non sarebbe stato alieno dall'aiutare il Papa e offrirgli a,silo fu 'il Bismarck e l'avrebbe fatto, se non vi si fosse opposto il Re. Ma il Bismarck erra mosso da certi tor– tuosi motivi, che non dovevano far piacere al Papa, se li avesse cono– sciuti., « Ove egli (il Papa) - è Bismarck che parla e le sue. parole sono riferite nel Diario di VersaiUes del granduca. Federico di Baden - commettesse l'errore di abbandonare Roma, perdendo con ciò tutto il · nimbo che possiede quell'antica sede papale, non noi dovremmo impe– dirgli la perdita di prestigio che egli ne soffrirebbe di fronte a tutto il mondo cattolico. Tale perdita va a beneficio della Germania.» Era lo stesso Bismark che, nel perj.odo del Kulturkampf, se la pi– gliava con l'Italia, la quale, con la legge delle guarentigie, aveva reso il Papa invulnerabile, mentre in altri tempi e col potere temporale, egli avrebbe potuto ridurre il Papa a più miti consigli, mandando una nave da guerra a Civitavecchia. E per aggirare quell'incomoda trincea il · duro Cancelliere meditò un blocco internazionale contro il Papato, 'ma · non ottenne che l'adesione del Sultano di Turchia . .Che la legge delle guarentigie, sebbene non accettata, anzi ripudiata come offensiva, rappresentasse invece una carta di sicurtà per il Pa– pato, dovette persuadersene proprio il Pontefice, che più si dimostrò ir– . riducibilmente nemico dell'Italia dopo l'unificazione: Leone XIII. Tre armi appena dopo l'assunzione al pontificato, offeso degli insulti alla Biblioteca Gino Bianco
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