Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

234 F. SALA'fA, Per la storia diplomatica della questione romana Ma poi, con la rivelazione del simbolo, si rica,~e ancora n~·lgrot~esco. « Come ,si vede, il poemetto ,è un centone risultante d1 parti sva– riate venutesi ad accatastare intorno all'allegorico innamoramento del poeta per Madonna». Io so che, in materia di fonti, non è lecito anda:c oltre· ma forse, un esame estetico, linguistico, stilistico del poemetto, po- ' . . trebbe anche mostrarci, in questa compilazione com'essa è gmnta a noi, il lavoro di più mani : torno a dire che mi sembra impossibile di veder lo stesso poeta o, diciam pure, rimatore, o compilatore, in tutte le part~ del poema e in tutte le sue none rime. È un' ipotesi che meriterebbe d1 essere studiata, non foss'altro per avere il gusto di dimostrarla errata. Il Mistruzzi, nel suo esame estetico dell'Intelligenza, ha scritto venti pagine ricche di osservazioni assennate ed a,cute. Meglio di ogni altro, egli potrebbe dimostrare se in origine i rimatori furon dunque più d'uno, o no. GIUSEPPE LIPPARINI. FRANCESCO .SALATA, Per la s·toria diplomatica della questione romana. I. Da Cavour alla triplice alleanza. - Treves, Milano, 1929. L. 20. Questi •scritti, sebbene letti altrove frammentariamente, si rileggono volentieri in volume, non soltanto perché corredati di una più ampia documentazione, ma anche perché se ne coglie meglio il reciproco nesso, pur riferendosi a fasi diverse della medesima questione. Il Salata si è servito di documenti italiani - e in questa parte il volume costituisce una anticipazione di quanto prossimamente verrà fuori nella ra,ccolta .degli atti. della politica estera dell'Italia, alla quale lo stesso sen. Sa– lata attende - e di documenti ,segreti germanici e austriaci. Manca l'altra campana, quella, che più ci premerebbe di sentire; ma non è da disperare che questa e le altre maggiori pubblicazioni annunziate in– ducano a romp,ere il silenzio. Se lo augura anche il sen . .Salata, dicendo trattarsi di « necessità che tocca più propriamente la Chiesa» ; vorrei aggiungere che non è soltanto necessità di esigenze storiche, ma inte– resse della Chiesa, perché « il danno d'una manchevole conoscenza del pensiero e dell'opera della Santa ,Sede» può risolversi in interpreta– zioni pregiudizievoli di queJ.pensiero e di quell'opera. Quando lo storico è privato del documento si trova costretto a un lavoro di induzione, che può condurre ad artefazioni della verità, a scapito di chi alla, r.icerca della verità non ha voluto concorrere. La Chiesa particolarmente ne ha fatto esperienza, in tutti i tempi, a quel modo che fa ora esperienza dei benefici d'una revisione della sua storia, dacché essa ha dischiuso i suoi archivi fino al pontificato di Pio IX. Qualche altro passo si può fare e lo farà certamente l'attuale Pontefice, che è stato ed è un uomo di studiò e di dottrina. C'è per .esempio un punto oscuro nel tentativo di conciliazione di · Cavour, che i documenti vaticani potrebbero schiarire. Il progetto fu preso in considerazione dalla Corte pontificia, o no ? Lo affermò il Vi– sconti Venosta nel noto mernorandurn dell'agosto 1870, fondandosi sui rapporti dei negoziatori italiani; lo negò il cardinale Antonelli « con i BibliotecaGino Bianco

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