Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
Lettera a S. E. Giitseppe Belluzzo 219 Benissimo, sebbene, da Michetti a Mancini, non tutti i nostri pittori più celebrati sieno stati, o sieno, strangolati dall'indigenza; ma proprio qui comincia il pericolo. Perché ella non ha portato esempi e nomi ? In teoria si va tutti d'accordo. La tradizione? ,Santa parola; ma vent'anni fa i Cubisti fa– ticavano appunto a restaurare contro gl'Impressionisti la tradizione della forma definita e del volume a tre dimensioni, e riconducevano Poussin ed Ingres sugli altari, e per difendere la loro aberrazione si richiamavano addirittura a Platone e a quel passo del Filebo dove So– crate dice: - Per bellezza di figure non intendo quello che i più potrebbero immaginare, bei corpi, ad esempio, o belle pitture, ma parlo di ciò che è diritto e circolare, - con tutto quello che segue e che non è molto chiaro. Esagerarono, rapiti dalla logica invece che dall'arte, e perciò si poté condannarli; ma di fatto ebbero un valore didat– tico, se non artistico, e i così detti Neoclassici non sarebbero venuti al mondo senza loro. Il sicuro disegno e la solida forma ? Se io, toto corde aoconsentendo,' le portassi come- ottimo esempio di questa restaurazione l'arte di Felice Casorati, non potrebbe darsi che ella, veronese, mi ci– tasse invece la pittura del suo vecchio Dall'Oca e che, dopo esserci stretta la mano, ci si ritrovasse d'un colpo più lontani di prima? È che nell'arte nascono prima le opere e poi le teorie. Anzi le opere d'arte nate dalle teorie son figlie di vecchi, di vita corta e grama. E la stessa parola Tradizione della quale per rapidità polemica tutti un poco abusiamo, ha i significati più opposti, specie in un paese come il nostro di lunga storia e di spiriti diversi. La tradizione italiana è quella dei toscani o quella, dei veneziani? Giotto, Masaccio, Raffaello e magari Caravaggio; ovvero Tiziano, Tintoretto, Tiepolo, Guardi, il Guardi, tutto ali e raggi, delle pitture sull'organo all'Angelo San Raffaele oggi trionfanti a Venezia nella Mostra del '700. D'altra parte anche questo ragionevole sospetto verso le mode d'ol– tralpe può talvolta condurci a condannare sotto un nome straniero noi stessi, tanto l'arte nostra ha dominato e penetrato l'arte di tutto il mondo, e tanto difficile è riconoscerla alla prima sotto la veste fore– stiera. Si può trovare in un paese di Corot il riflesso dello sfondo d'un quadro toscano del quattrocento o del primo cinquecento, e in una figura di Manet il ricordo d'una figura del Tiepolo, di quelle nei secondi piani degli affreschi, tutte immerse nella luce come nubi all'aurora; e così, accusando un pittore di tradir la tradizione nostrana perché imita Ma– net o Corot, si può riuscire a chiamare bastardo un ragazzo perché invece che al padre assomiglia al nonno. Come salvarci ? Dove trovare il sodo su cui appoggiare i nostri ar– gomenti ? Bisogna., credo, spezzare le catene e categor~e scolastich~ ~ non temere di risalire nei giudizi sull'arte e sulla poesia a quell'umtà. dello spirito o meglio della coscienza,_ la quale so~a può_ rivelarci_ c~e cosa sia veramente la civiltà della Patria. Ora la prlilla e rnconfond1b1le dote della civiltà italiana è la sua continua e totale e cordiale aderenza alla vita la sua fede nell'esistenza della realtà, la sua repugnanza al– l'astrazi~ne e all'aberrazione metafisica, la sua classica capacità di tro– vare l'eterno dentro il vero tangibile e visibile, in una parola la sua BibliotecaGino Bianco J
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy