Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

La Stella del Nord 217 - DOIIlna, donna, - gridava spasimando, - carne, tormen~o, morte mia, mia disperazione .... La siglilora Celeste gli posò una mano sul capo, e con un filo di voce lo ·supplicò : - No, Marcello, IIlOncosì, non ora .... - E quando, quando ? - gridò Marcello. - Domani, - balbettò la signora Celeste, - lOIIltano .... Egli l'assali colll violenza, rinfacciamdole tutti quei mesi ch'egli aspettava macerandosi, tutte quelle repulse,' quelle alternative, quelle astuzie da commediante, ma essa aveva posato le mani sulle sue spalle, e, debole come era, mormoramdo : - Non è vero, non è così, sei ingiusto, vedrai, - lo teneva discosto da sé, tanto che egli, disperaind'o ormai di vincere quella resistenza, si alzò illl piedi e si buttò bocconi sul letto. Con la faecia affondata nel guanciale, ora piangeva proprio come allora, quando si era buttato col viso 1I1el– l'erba.· Le sue spalle di macigno sussultavano squassate dai silll– ghiozzi e pareva che u1I1aforza immensa si fosse scatenata 111el suo petto e glielo lacerasse. La signora Celeste non sopportò quel piamto. ,Si sentiva così sola, così st8Jilca, così infelice, così distrutta, che sopportare quel pianto le sarebbe costato un fatica alla quale p,roprio le mancava l'animo. Avrebbe avuto bisogno di buone carezze, di una parola tenera, di una mano soccorrevole, di qualcuno che le dicesse: - Va', riposa, povero cuore, domani tutto ti sarà perdonato, ti sveglierai inno– coote e leggiera come una nuvola-, e Ullldolce vento ti porterà via; - E invece quel pianto, quei singhiozzi soffocati, le parole rotte che li accompagnavano, erano come catene sotto il cui peso piegavano affrante le sue spalle, si fermava il suo debole cuore, la sua mente si smarriva, e IIlOIIl le rimaneva che il desiderio disperato di morire a darle ancora la forza di vivere. Co,n ll!IlOsforzo penoso si alzò da quella poltrona, e, barcollando, si avvicinò al letto. Dopo aver tro– vato nelle sue deboli braccia la forza di allOIIltanarlo da sé, era lei ora che gli andava incontro. Gli si distendeva lei accanto, gli accarezzava lei i capelli e le mani, cercava lei d'i sollevargli il viso dal guainciale, lei posava la gota contro la sua, lo baciava lei sulla tempia. - Non piangere. non piangere, - mormorava : - Sono tua, di te, sono qui, con te, prendimi, se vuoi, ma non piangere, bam– bino mio. · E pensava a Massimo, e la sua voce si spengeva in un sospiro che pareva l'ultimo. (Oontin,1w). UMBERTO FRACCHIA. ibllotecaGino Bianco

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