Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929
212 D. Fracchia P arola. Al ma o·o·iore Iupiter che le chiedeva se non era il caso di bb ' • 1 t d. andarsene a casa, rispose negando col capo. Massimo e s ~va 1 froote muto a testa bassa. Essa gli voltò bruscamente le spalle, si tro~ò di111~nzia Marcello prese con una strana risolutezza il suo braccio, e si allontanò ~Olnlui, seguita dagli sguardi att?niti di quanti erano pr·esooti a quella scenà. La, signora Celeste suse1tava ora molta curiosità, specialmente nelle donne, soltanto perché era svenuta. Al suo ,passago-io si faceva1110da parte mormorando, e b ' • • o-uardavano con timore e ammirazione il suo viso terreo, 1 su,01oc- ~hi febbrili. Fu vista aggirarsi a lungo, sempre appoggiata al brac– cio di quel giova111e biondastro e zoppicante, dall'una all'altra sala, P oi sola poi di nuovo con lui, ma aveva sulle spalle un mamtellò ' . bia111co,o grigio, con uin collo di piume di struzzo, 111el quale s1 stringeva infreddolita. Qualcuno la vide anche seduta Ìlll un angolo, altri asseriva che noo era lei, e c'era chi li aveva incontrati mootre soondevano lentamente le scale. Un servo era certo di non sba– gliarsi, dicendo che il signor Marcello, in compagnia d'una signora, vestita di u111 mantello rosa e un cappellino nero, rotoodo, coo nn poonacchio, era uscito in giardÌlllo sul finire della festa. Ma disg,r::i,: ziatamente si trattava di un avventizio che lllOIIl conosceva la si– gnora Celeste neppure di vista. · Ormai tutte le sale erano vuote, i lumi mezzi spenti, anche i suooatori se ne andavamo con il loro morticÌlllo chiuso nella cassett,1, .e non rimaneva più nessuno ,da interrogare. Il maggiore Iupit~r sosteneva che era scesa in giardilllo ooo Marcello per respirare nn po' d'aria fresca, e che questo era 111aturale,né :poteva mettersi in dubbio; e, seduto sopra un divano, una gamba sull'altra, fumando un sigaro, sembrava disposto adl aspettare tranquillamente, e al– l'infilllito, di vederli ricomparire. Egli si preoccupava piuttosto della signora Guendalina, e fu tra111quillosoltanto quando il CO(Ilte Roberto gli disse che la poveretta aveva lasciato da un pezzo il -solaio, e riposava. Egli allora se lo foce sedere a.ccanto, e illlco– minciò a ragionare con lui dei suoi lavori: che occorreva aumentare il numero degli operai, e possibilmente provvedere all'acquistò 'di una nuova trivella. · · Qua111doMassimo che, saltanò,.o 1n una carrozza, era corso a casa, ritornò tutto inquieto, riferendo che a, casa la· mamma non è'era, e che Serafillla. non saipeva nulla, il D1ag1gi<:>re Iup,tter inco– minciò a dare qualche segno d'impazienza. Era una leggerezza al– lontanarsi senza avvertire IIÌessuno, unJimprùdehza attardarsi taIDto all'aperto, con quel cHma e così .poco vestit~:. Furono spalancate alcu111e finestre, che guardavano sul giardino, ai quattro lati della villa, e Massimo, Benedetto, le due bruttine; lo stesso conte' Roberto che non poteva 111asconderela propria . agita~ione ·' chiamarooo ~ lungo, Marcello, Mamm·a, Celeste, senza otfunere n~ssù'na risposta. BibliotecaGino Bianco
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