Pègaso - anno I - n. 8 - agosto 1929

210 . U. Fraoch~a ----------------------"---------- - E perché [10ll balla oon mia. madre? , _ Perché .... Sarebbe una lunga storia, piccina mia. Te la rac– c0111terò un gioroo. E come ti guarda! Come se fosse geloi;;a di te. Ti stupirebbe? . _ Povera mamma, - sospirò tristemente Ale_ss3,[ldra. La signora Celeste non poteva udire queste parole, ma vedeva cosa che Alessandra no[l poteva vedere. Vedeva il sorriso sfr0111tato che Marcello ostentava., nell'inviarle al di sopra di quella moltitu– dine di teste sguardi di trionf3,[lte disprezzo. · _ Massimo, - diceva, - mettici più passione. Non senti la musica? È una danza amorosa. Passio[!~ .... abb3,[ldono.... amore .... morte .... - Ti avevo pur detto che non so più ballare! . - Non è vero, balli benissimo, ma _[lon ci metti abbastanza 1 • anima. Su, mio bel capitano; dimentica per un momento che io scmo tua madre. - Chi vorre8ti essere ? - Oh, io, se sapessi, Massimo mio! Yorrei essere .... Nulla, nulla! Una donna vorrei essere. Prova a posare la tua gota CO[ltro il mio capo .... Vedi? Non si va meglio •d'accordo? «Voglio vivere, voglio aincora battere il piede .... )), - ,Sì, soltrunto che io no[l so più dove lo batto. - Peccato ! È così bello. Vedi Marcello e Alessandra come vanno d'accordo? Non si-direbbero innamorati? Oh, sono giovani: si ameranno un gioroo, « Voglio vivere, voglio a111corabattere il piede al ritmo di un tam.go appassionato .... >> È il mio ,tango·.. L6 riconosci? · - Sì, mamma. Marcello vedeva la sigmora Celeste chiudere gli occhi, riaprirli CO[llanguore. La vedeva sollevare leggermente il viso, sfiorare con la got~ la bionda barba di Massimo. Si •+novevwnole sue labbra, sussurrando chi sa che, e di quando in quando un sorriso. iro111ico le illuminava vagamente gli occhi. - Mettici U1ll po' di anima, - brontolava pieno. di dispetto, - U1ll po' di calore! Guarda Massimo, guarda tua madre. Quelli sem– brano due innamorati, e IIloi, du~• salami.- - Non mi lascerà mai. in pace? - disse a un tratto Alessandra : - Quello che io ho fatto, non lo sa forse? l'lio fatto per mio padre, ma amore, né bene, non gliene vorrò mai finché vivo. Sia generoso; Marcello! C'è tamte do1I1ne al mo.udo più belle di me .... Di me, che cosa le importa? . - .. ' . , - Ah, ah, eccoci nel patetico ! '-- esclamò Marcello, sentendosi soffocare dall'atmosfera pesante e -i111focatache . riempiva quella sala: - Ebbene, 1110; cara. Gli uomillli.come me .non si prendono Biblioteca Gino Bianco

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