Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

O. Tumiati E son [POChimesi che da questa stessa sala dove s'agglqmerano dei rottaJIDi umani, da questa disperata geenna che indurrebbe allo Rconfortò il più teID(Prato degli uomini, abbiamo sottratto tre in– felici che la demenza paralitica aveva distrutti come fa il terremoto delle architetture : 'gli arti fl.oscie funi, la parola un balbettio, la mente un rudere. E a ciascuno di costoro abbiamo aperta una vena e inoculato il sangue d'un febbricitante. O noi risibili « materia– listi)), che volevamo rifoggiare con un poco di sangue una mente distrutta! Ce l'aveva detto un COID(Pagno geniale con la sua pacata voce di là dalle Alpi. Ed era vero. E i tre uomini sono oggi ricomposti e camminano per le strade del mondo e ridono ai loro figli ed alle loro donne. Disperare della Natura o misurar la col nostro piccolo ~etro di giudici e di moralisti è d'a miseri. Accettarla, ascoltarla, volgerla a nostro vantaggio è da forti. CONGRESSO . .Non manca nessuno stamane alla seduta. Maestri e discepoli, vecchi e giovani l'attendevano da due anni. Era la più «interessante)), come si suol dire, del iprogramma stabilito. Tema che non consente sconfinamenti filosoficì e lette– rari, traboccl).etti della scienza. Tema anatomico - se dio vuole ---: che, a svolgerlo, richiede dottrina, esperienza, precisiollle paziente: << Architettura degli elementi che comipongono il mantello cere– brale>). Siamo in casa nostra, nella vecchia casa dei Cesalpino e dei Morgagni. Casa tirata su - pietra su· pietra - sulle fondamenta d~ll'osservazione e col filo a piombo della critica. Tipici questi due Relatori <<ufficiali>). · L'uno è alto, forte, ben squadrato: sa; forse, d'essere quest'oggi il migliore di noi, ma nel suo fare v'è quasi timidezza o il cauto com– piacimento di chi, raggiunta una vetta, ne è pago, ma non ne mena vanto perché di lassù vede ancor più alte cime, che noi non vediamo. Come si reS[Pira bene in quella sua atmosfera senza aggettivi ! L'altro è piccolo, bruno e sprizza folontà di sapere dallo sguardo vivace e ipur grave d'una tenacia crucciata. Il primo distende davanti al nostro pensiero la mappa tuttora informe ed incompleta del mantello cerebrale. E nelle sue parole s'illumina senza enfasi l'ansia e la cura di centinaia di studiosi ignoti al volgo della mia terra e d'oltralpe e d'oltremare. E i labo– ratori silenziosi t'apipaiono e ti s'avvicinano d'un tratto per rien– trare nell'ombra a prepararvi le piccole ma sicure conquiste del domani. E dalle parole caute e precise tu vedi quanto cammino s'è fatto per questa selva incresciosa del sapere. E il più nobile degli BibliotecaGino Bianco

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