Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
I tetti rossi 53 E s'è salvata; lei e pochi altri. E il flagello s'è fermato al terzo giorno : e abbiamo vinto noi. · Ma l'ultima sera, dopo un mese di segregazione, sono scapipato come un malfattore .. E mi son messo a cor:vere Rella notte e nella campagna ed ero tutto un grido e lhn canto. _ RlllFETrORIO ((-MALPROPRI )). Un odore acido di mollica, un èalore di stalla riempiolilo la larga stanza. Lungo le pareti corrono le tavole e lungo le tavole, su grosse panche infisse, siedono i malati. Era il refettorio in antico una chiesa; al iposto delle tavole gi- · rava il coro ed al posto dei pazzi sedevano i monaci salmodiando monotoni nel profumo dell'incenso. , Oggi fumano 1 le pappe nelle scodelle di ferro ed altre voci rnmane si meschiano ai grossi vapori. Voci umane? L'animale sepolto da millenni di pensiero ha, spaccato il fragile intonaco e allarga le sue cieche brame con primordiale violenza. ' Braccia tese a stringere un pane con l'avidità d'una preda, corpi schiacciati sui deschi dall'urto della fame: volti deformi contratti nell'infimo piacere ; grasse risa gorgogliate da gole -riverse ; v0lti accesi dall'ira d'un conteso boccone. Io sento la mia persona composta e imipassibile passare nel mi– serabile disordine come un' ingiuria raffinata. Dimentico un istante d'esser medico fra malati per sentirmi uonio fra uomini, fortunato fra sfortunati. E mai sento come ora quanto è cieco il destino che regola i ceppi e i germogli della nostra povera razza. Io sono sano, colto, nutrito e presso l'adorata serra dei libri, sulla tovaglia candida, in faccia al mare m'attende un cibo gua– dagnato. Questi poveri figli d'una madre dolente, questi esseri si– 'mili a me non amano non comprendono non soffrono più: uomini come me non JPOtranno mai più, forse, esser uomini. Dove una più disperata ingiustizia della vita? Falso. E mi sorprendo a ragionare come un retore bolso. Il giusto e l'ingiusto son degli uomini, non della natura impas– sibile che ignora i 1I1ostri valori, ma ci forza a crearli. E se ha posto me e cento altri medici migliori di me presso questi uomini distrutti essa è quel che ha da essere, non ingiusta nè giusta. Sua legge è la lotta, non il codice o la morale ; se ha creato il dolore insieme al farmaco ed ha suscitato contro al disordine del pazzo la pietà e l'intelligenza del sano. BibliotecaGino Bianco
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