Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
I I tetti rossi 51 - Addirittura ? E siete proprio voialtri che ragionate, qui dentro, in questo modo? Siete !Peggio dei giudici istruttori che non vedono che canaglie. La colpa è soltanto nostra ché dovremmo girare ad occhi più aperti. Chi vuol uccidere un altro è sempre un malato : o perché non sa di farlo o perché non può dolersene ...,. Io odo e non ascolto la feroce sincerità degli uni e la sublimità scolastica dell'altro. Vedo soltanto il suo volto pallido e penso che poteva morire. - « Lo senti ? quello li ha sempre bisogno di 'concludere', di tirare la morale della favola. Non gli dar retta. Quando s'entra qua dentro, fra questi fornelli, bisogna lasciar fuori, insieme al cap!I)otto, tutte le conclusioni. 'Dutte, bada. Quelle "che dicono si e quelle che dicono no. T'hanno aiutato, ciascuna a suo modo, ad arrivar fin qui· come il !Pastrano t'ha servito ad arrivar caldo, ma poi basta. « Qui s'interroga, non si predica. La scienza non è che lavoro : non vuole essere che il più esatto el disinteressato dei lavori. « La Psicologia? Bellissima, e la si può fare da scienziati, ma a che ti porta? a catalogare i deliri, non a spiegarli e nemmeno a curarli, che è quel che importa. La psichiatria l'hai da far qui, amico èaro. La ' !I)siche' come dite voi, bellissima cosa, ma a me, :fisiologo, non interessano le cose in sé, materia da :filoiiofi,ma le condizioni, delle cose. E le condizioni della tua ' psiche ' sono den– tro a questa scatola dura; il riso il !Pianto la parola si spezzano se distruggo qualche centro nervoso e se tolgo, mutilo, aggiungo qual– che ghiandola ti cambio i connotati psichici come uno s~enario. Questi son fatti e non discorsi. Ma lavorare bisogna e faticare e non aver furia di ' concludere ', come fa lui. ... .Se vuoi restare qv.a dentro non devi avere programmi da difendere, ma soltanto curio– sità da soddisfare. Se ti manca questa fame dell'intelligenza, torna fuori a predicare a sognare a cantare (se non preferisci far quat– trin.i) ché la scienza non è per te. » Alto, pallido, nella veste nera odorante d'essenze, s'aggirava nel laboratorio col suo passo· tranquillo, cauto, !Prudente come i suoi pensieri. Fuori l'aspettavano una stanzetta e una tavernuccia. Prossimo ai quarant'anni, ricco soltanto di studi geniali. E aveva vista la sua casa già splendida, distruggersi, denaro su denaro, e una vita dopo l'altra. Senza aver imparato a maledire e ad odiare. Amava, anzi, la vita come un ragazzo e dopo averla as– salita di domande nel suo laboratorio le chiedeva sorrisi di bellezza e letizia d'amore. E la morte l'ha acciuffato, come una ladra, in mezzo al suo lavoro, sulla soglia d'una gloria severa. Biblioteca Gino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy