Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
Ventiquattr'ore 27 soltanto.quamdo il prete ebbe ordinato : - Una bottigHa di vino, - abbozzò un inchino. I tre compagni parevano rimettersi da un gran freddo, e ·si ricomponevano senza riuscire a prendere U1I1 at– teggiamento. Il prete batteva lievemente le dita sulla tavola volgendo gli occhi indifferenti in giro. - E mamgiare, niente ? - disse H Bor– riello. Potrebbe toccare a. me di morire, e meglio sarebbe a pancia piena. - Si era azzardato a formulare questo pensiero ora che stava al caldo, che c'era una bella luce, che si vedevano uomini e donne discorrere senza pensieri, e la vita pareva riprendere. Il Mamdorla disse: - Abbiamo fatto molto beine a v-enire qua. Ci si sente meglio. - Fu rportato da mrungiare, e il Borriello aii primi bocconi dh,se: - Dite quel che volete, ma la vita è bella. - Pareva che quella sera e quelle ore illon dovessero mai finire, e forse nes– suno di loro si ricordava in quel .mom®to di -quanto era accaduto, né di quello che aspettavano, come se tutto fosse ulll'illusiollle. Il prete disse a uill certo momento, ,sovra;ppensiero : - Sia fatta la volontà di Dio. - 1Maipoi furono di quell'umo!l.'e dei ragazzi che hanillo marinata la scuola, quamdo il pensiero di un castigo possi - bile, e la gioia di seintirsi liberi, li teillgono in una piacevole ansia. Quel luogo, che illl un'altra occasione non avrebbero varcato, o che se avessero varcato avrebber-0 ,subito lasciato, non li metteva me– nomamente in soggezione, aJÌlzi li divertiva, ed essi guardav•ano quel mondio intorno con occhi disinteressati, quasi illon avessero nulla da perdere al c0illfr-0nto. Il prete, preso da uilla fretta ine-0n– sulta; disse : - Domattina devo andare a dir messa, - e guardò l'orologio. - Sono appooa le UIIldici, c'è tempo. Fino all'alba ab– biamo sette ore. - Sette -0re, ripeté qualcuno, e quelle ore parvero lunghe e piccole nello stess-0 tempo. Il prete' mostrava agli occhi di tutti e tre l'orologio dove la lancetta piccola superava i mi– nuti che le si frapp<mevano e su cui pareva d-0vesse storcersi e fermarsi. Il direttore del lu-0go si presentò nuovamoote e con un sorriso convenzionale diisse: - Domandano se qualcU1I10di loro sa can– tare. - Uill uom-0 si era messo davanti al pianoforte in fondo alla sala, e cercava COill le dita i primi accordi sulla tastiera. Accor– gendosi che il pianoforte rispondeva ancora, si volgeva intorno quasi rper chiedere aiuto. - Perché ? - domandò il prete. - Perché questi signori devono essere italiani, e qualcuno domanda se sanno cailltare. - Fu il Mandorla che, col c-0raggio dei timidii, si levò e disse tralllquillamente: - Io. - Aggiunse; - Io avevo una bella voce di e-0ntralto quando ero più gi-Ovane,e adesso vorrei provare. - Traversò la fil-a dei tavolini, raggiunse il pianoforte, e i suoi com– pagni lo videro lontamo nel foodo, la sua ombra riflessa nel lucido legno nero : pareva che lo vedessero la prima volta, e e-0si, da lootano, sentiro1110che in fondo gli volevano bene. - P-0vero l\fam- BibliotecaGino Biar,1co
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