Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

24 O. Alvaro bene, qui, - cominciò il Mamdorla: - Guarda ~he campa~na ! -:– Non era difatti u111a bella campagna. Quattro o cmque abeti 10agr1 erano rao-o-ruppati attorno a uno stagno, ed era quello il solo acci– dente dell~ pianura che si stendeva a perdita d'occhio, di un verde bruno uniforme. La città imminente volgeva alla pialllura i suoi muri senza finestre. Più vicino, intorno a loro, un muretto crollato, una siepe di filo di ferro, una vecchia traccia d'aiuola, con vecchie piante morte su cui aveva battuto il sole e poi il gelo, faceva un singolare giardi1110di fiori secchi, lontano nel tempo. - Da noialtri non è così la cailllpagna. La p,rimavera arriva dappertutto, da noialtri, e perfino i muriccioli mettono quel poco di musco che li adorna. C'è lIDbuo111 odore libero che viene dal mare. Si ha sete d'acqua. L'acqua spunta ai piedi dei mo111ti e fa un rumore nuovo, specialmente se alla vena ci metti un,a foglia lunga per farla scorrere bene. - Lontano, sull'orizzonte, lIDa forma nera si mosse, rompendo l'om– bre dense che vi accumulava la sera in viaggio. - Che cosa è quello laggiù? - Era una immensa croce che si agitava sulla linea fra terra e cielo, roteamdo su sé stessa, ma rimanendo sempre allo stesso punto, e sul cielo e sulla pianura lllOIIl v'era altro: la stet– tero a guardare un pezzo, come saliva e declinava, ora dritta ora obliqua, disppsti alle wpparizioni meravigliose, fino a che il Ferro esclamò: - Ma se è un mulino! - Un mulino. - Tutti si mi– sero a ridere, forte, dandosi dei colpi sulle spalle e sulle braccia. - Un mulino! Guarda che razza di mulini! E chi sa che cosa mi pareva! - Ma il Mandorla era divenuto triste e assorto, e senza che nessuno sapesse come, aveva gli 00chi gonfi di lagrime. - Via, via ! Questo non lo devi fare. Ohe cosa ti prende ora ? - Io non avevo mai pensato da ragazzo, che nesslIDo mi volesse bene. Tu da ragazzo non pensavi che un giorno avresti trovato chi ti avrebbe amato molto ? Io non ho fatto male a nessulllo, io sono Ìll11Ilocerite. ·Quasi mi dispiace di non aver fatto male, e di essere, ora, come un bambino. C'è chi nasce così, che non può fare il male e lllOIIl riceve il bene. Io ho sbagliata tutta la mia vita, e se mi dovessi confessare lllon saprei che cosa dire. Quando sono lontano da un luogo, so che cosa vi avrei potuto fare; quando ci sto, lllOIIl ,so pri.ù, e vorrei tor– nare là di dove sono partito. Io certe volte penso alle persone che ho incontrato nella mia vita. C'era una ragazza che forse mi avrebbe voluto bene, ma io non sapevo che cosa dirle. Che cosa credi che fosse questa ragazza ? Io lllon mi ricordo ,più se fosse piccola o gra1I1de, _e vorrei tornare indietro per vederla com'era. Mi ricordo soltanto come mi guardava. Quando siamo sul posto, non sappiamo mai come solllo le cose, e poi da lontano ce ne facciamo un'idea tutta diversa. Come è la mia casa ? Io me la ricordo grande, e quando ci vado la trovo piccola . .Am.chemia moglie in casa mi sem– bra grande e quamdo la vedo .per la strada la trovo piccola. E la BibliotecaGino Bianco

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