Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

/ · Ventiquattr'ore 23 sframgiavano sotto un vento alto, fredde alla superficie e plumbee, luminose e calde oome una coltre, agli orli e di sotto. Il sole obliquamente illuminava i palazzi che :fiamcheggjavano la strada, ne faceva risaltare gli. ornamenti, ne traeva i ·colori fuori dell'umidità i!llvernale, colori pallidi, cilestrirno, verdi1I10,giallino. C'erano dunque ancora tante belle cose nel mondo? Gli stessi colori sembrava loro dli non averli mai veduti, e si accorgevano del mondo come di una c,osa che si stesse i1nvootando sotto i lor,o occhi. La stessa città, che illl fondo era straniera a loro, si legava ai ricordi dellà loro irnfanzia e delle terre che amavano, attraver,so i colori e la luce, oome i temi fondamentali della vita. Si accors•ero che gli al– beri del viale, da freddi e stecchiti che li avevano veduti nell'inverno, ÌIIl quel giorno si ammorbidivano, le foglioline in cima ai rami lllon pungevano più il cielo che si svelava grande e sereno, fuor delle· nubi che sgomberavano, sotto la spinta' degli alberi sublimi. Un desiderio pazzo di movimento' li aveva presi, e un autobus trabal– lante li raccolse dal marciapiede. In facc:i,aad ognU1I1O di quelli che stavamo loro vicini si studiavano di leggere il destirno, e nella testa di uno di loro sorse H pensiero: « Tutti questi non saranno, e l'uma– lllità non è altro che Ulllcarico di materia che viaggia vertiginosa– mente fino a che no1I1 si scarica in qualche luogo. E dlov'è questo luogo ? >> Chi pensava così, forse tutti e tre, cercava dove fosse questo luogo, e si ricordava di averne veduto uno, rasentandolo con la fer– rovia cittad.i1I1a,in uno spazio soverchiato dalle case, colll la trincea 111era della ferrovia da urna parte, dall'altra le -strade e le case, e dal– l'alto delle :finestre doveva apparire come mna cava di iastre di pie– tra. Il muro di cinta con qualche crooe spiccava nel cielo rosso di quella sera, e vi si sentiva il ricordo della campa-gna. - Là mi piace– rebbe di stare, perché mi ricorda qualche cosa del mio paese. Ma forse non c'è più posto. - L'autobus li sbatteva UlllO contro l'altro, ed essi non si volevano toccare. Si lasciavalllo invece, dJuedi loro, spin– gere contro Ullla donna, a sentire· quella car!lle viva, quel senso di fragilità e di immortalità che è nelle cl!onneassistite dalla gioventù. Tra il rombo del motore greve e 1I1auseabondo,tutto il rumore della strad'a si frantumava come di tavole sbattute disordinatamente tra loro, o come U1I1 lollltano applauso: Le fermate si inseguivano e si succedevano l'una all'altra, gente saliva e scendeva; e il pen– siero vamo che accompa,gna chi ,sta nelle città, « forse non rive– drò più mai questa per•sona ,che mi sta accalllto », questo pensiero aveva ora per loro un senso di vero. Finì il viaggio, si aprì la campagna davanti a loro. Su un àlbero stecchito un uccello si mise a cantare piamo piamo, smise, come se sapesse di avere sbagliato ora e stagione. Il sole aveva scaldato lieveme:r;itela terra. Non si eralllo rivolta la parola fino a quell'istante. - Non si sta ibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy