Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

Ritratto di Carneade 9 gran poeta, aveva detto che alla :filosofia si può accostare le lab– bra, ma non beveme a pieni sorsi. E ora vigilava, tra gli altri, contro i :filosofiche no:n tntrassero, no111, corrompessero, no[l inquie– tassero chi aveva di meglio da fare, vigilava dico il vecchio Catone, il qualè aveva una sua :filosofiamolto pratica, che bisognava distrug– gere Cartagine, e se •sapeva di Socrate, ne sapeva così poco ·da crederlo un ciarlatano, un imbrogliolile, un .sofista nel peggior senso della parola. Lo Stato l'aveva co[ldannato a morte, vuol dire che a,veva avuto le sue buone ragioni.. .. Ma ora i tre :filosofi venivano ambasciatori d' Atooe. Bisognava riceverli e ascoltarli e discutere le loro proposte. Non pare che il Senato si affrettasse a riceverli. I tre DO!ll persero tempo: si dettero subito attorno a cercare occasione di esporre ciascu[lo la propria dottrina. Pochissimi, forse nessuno aveva a Roma un'idea approssimativa delle scuole :filosofiche. Nes– suno aveva mai udito un oratore quali erano tutti e tre quei filo– sofi. Che non avessero idee chiare ne diede prova il pretore Aulo Albino che pur era tra i più colti. Egli sapeva di :filosofiche dicevano che un magistrato che noill sia sapiente non è un magistrato, e così del cittadino, della città, dello Stato. Naturalmente erano gli stoici che facevamo questo discorso, ma Aulo Albino non distingueva. Ma voleva farsi onore, sicché (racconta Cicerone che l'aveva letto in Clitomaco) trovato Cameade con Diogene in Campidoglio disse rivolgendosi a Cameade : « Dunque io lllOlll ti sembro pretore, e i cittadini non cittadini, e Roma :non è una città per te. >> Carneade si contentò di sorridere e gli rispose: « Parlane qui col mio collega», aooonnando Diogene. E così il bravo pretore si accorse che ne sapeva meno di quel che immaginava. ' Quando venne il giorno che :filllalmente furono introdotti in -Senato, tutti e tre fecero un discorso, tre discorsi, ma discorsi, ognuno secondo il suo stile, il suo temperamento, la sua scuola. Ce lo dice Polibio che forse era presente, ce li definisce Aulo Gellio. Critolao scita et teretia dicebat con eleganza e fiillezza; Diogene modesta et sobria con semplicità e sobrietà; Carneade violenta et rapida con un'eloquenza focosa e trascinante. Molti senatori in– tendevano il greco, 1I1on tutti : interprete Caio Aquilio, autorevo– lissimo, che chiese questo ufficio come un oillore. Non abbiamo par– ticolari; non ci sono purtroppo gli ~tti del Senato Romano. Che cosa discussero, come difendessero o scusas sero gli Ateniesi non sappiamo; ma sappiamo per cento testimoniam.ze che l'effetto fu gra1I1de, l'impressione immensa. Uscendo dal Sooato dicevano: non ci hanno mandato ambasciatori per scusarsi, ma per obbli– garci a fare tutto quello che vogliono. Quella dialettica serrata, quella esposizione chiara e insieme sapiente, quell'arte grandiosa :negli oratori greci (modello anche in questo Demostene) di met– tere lllel primo piano le argomentazioni vittoriose e saper lasciare BibliotecaGino Bianco

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