Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
6 E. Pistelli u~ altro che fa anche meglio al caso suo: p 7 end~ l'es~mpio di Er?ol~ quando in un accesso di furore scamb~ò 1 ~uoi figli co111 quelli. di Euristeo suo 111emico · prese l' arco e li uccise. « Osservate», dice ' . Car111eade, « vede dei ragazzi, li vede figli di Euristeo, e non sono, Nel1o stesso momento con gli stessi occhi vede l',arco che è un v.ero arco e lo adopera. L'oggetto che è) cioè l'arco, e Fogge~to che non è.· I figli di Euristeo, non gli danno una sen~azione dii.versa ma la stessa e così ammazza i suoi :figliuoli. )) Osservazioni che paiono fa– cili oigi; ma questo n0111 toglie il me:it? di chi si addentrò Ì1n. tali analisi la prima volta, di chi seppe richiamare al vero punto della quistione gli stoici che s'illusero di rispondergli osservando che pas– sato il sogno, passata l'ubriachezza, passato il furore l'uomo si accorg·e che quelle soosazi0111i SOIIlo illusorie. Altre ,analisi, e non meno acute, sono quelle contro la teologia degli stoici. Lasciamo stare la critica del panteismo stoicQ e la di– mostrazione che se Dio fosse quale gli stoici lo pensavano, n0111 sa– rebbe eterno: dimostrazione precisa. Citiamo un altro·esempio più facile senza troppe parole. Uno degli argomenti per affermare l'esi– stenza di Dio che'gli stoici adoperavano spesso, era il consenso uni– versale. Dopo una critica di questo argomento, fatta in parte con ricordi storici di :filosofiatei, Ì1n. parte COIIl l'osservare che non si sa 111ulla di tanti popoli, Carneade conclude: « Per voi stoici gli uomini si distinguono in saggi e insensati; i saggi un piccolissimo numero; gli insensati, gli stolti la mag,gioraJnza. Il consenso universale è dunque per voi il co111trariodi questa quasi infinita maggioranza di stolti.» E oontinuava poi ponendo il problema, del dofore e d~l male con una chiarezza che noo è stata mai superata. Come mai la mag– gior8Jlllzaè di i!Ilsensati e di stolti? Dire stolti non è dire mfelici della maggiore infelicità ? E se i saggi e i virtuosi sono pochi, non do– vrebbero almeno quei pochi essere felici? Lo stoico rispondéva: « Sono infelici perché non usaJno bene della ragione )). E Cameade ribatteva : « Perché Dio ha dato loro una ;ragio1;1e della quale do- vevan fare uso così cattivo ? )>. \ :Ma qualcosà dobbiamo dire ~nche della parte affermativa della dottrina di Carneade, che lo distingue da Arcesilao e da altri della sua stessa Scuola. ,Se non c'è u111 criterio per distinguere le vere dalle false sensazioni, c'è un criterio per disti!Ilguere le probabili dalle improbabili. E 111e disti!Ilgueva più gradi, anche qui analiz– zando con gran penetrazione. Al grado più basso le rappre– sentazioni isolate, che talvolta appaiono false, talvolta vere talvolta probab~li, talvolta improbwbili. Se invece una rappres~ntaziom.e probabile forma una catena 00IIIl altre, e ognuna per sé ci sembra probabile, è fatto maggiore il grado di probabilità di ciascuna, e di tutte appunto dall'essere legate in catena. Questa catena può essere più o meno stretta; sarà ,più o -meno graJnde il grado di probabilità. BibliotecaGino Bianco
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