Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

120 S. SAT'l'A, Canti Barbaricini di Mezzogiorno alpino, per esempio (« Meriggiano le pecore e i pastori. Elci e felci non fremono a una stanca Ala di vento .... ») : o su certi cominciamenti improvvisi del primo Pascoli («Ecco: non fu che, un subito Sogno del sole il raggio .... ») : o secondando, troppo, il gioco d'una musica ·senza peso e figura, dove, proprio contro il genio del Satta che era vicino alla sua realtà, ogni segno di realtà si perde (« Palpita tutto al ·molle, Languido mite fiato Di marzo, il risolcato Colle.»). In quei versi invece lo troviamo più lui, vero, schietto, can– tante, barbarico. Manca la vena, l'empito canoro, il rigoglio dei poeti grandi e-semplici, nonostante che a quella grandezza e semplicità pure appuntasse il desiderio : ma qualcosa è, un principio di poesia, se non poesia compiuta: anclle se un canto intero, a volte, si esaurisce nei primi versi, o fati.::1 per finir i::olo in un'immagine memorabile. Caprai di Lula, e voi che pei meandri Di Oorràsi spargete all'alba i branchi Snelli, e voi, donne, che tra gli oleandri Lavate, lungo le fiumane, i bianchi Lini e le lane .... E il grido dei fanciulli che cercano il padre, il padre morto : e il solo in tutta la poesia, dove canta l'affetto: e pare un coro d'un vasto poema, di leggendaria potenza. (Quella determinazione, lungo le fiu– mane, che conferisce al tono grande, e dà un che dì selvaggio ai luoghi, ma più al dolore:.... ). Ancora: E tu,,. che solo, e lungi ai figli e al placido Tuo tetto, oltre le grandi acque riposi.. .. anche qui dove si piange il padre morto, e anche qui con un'invo– cazione e un grido solo. (Oltre le grandi acque: come dire, l'al di là). Ritorna il ferito, un figlio: ed ecco il limitare Vampò di gioia, e di gioia nitrì Mia madre .... Nitrì ... , espressione nuova e barbarica: ma tutta la poesia è delle più solite, con sviluppi facili e freddi, come sempre nel Satta, che a costru.ire i canti di maggior respiro, li armò di vecchi detriti, e quando compose letterariamente e studiata.mente, e quando ce.dette all'enfasi umanitaria. Sicché si può dire che la sua fu la sorte d'un poeta nativo, mortificato da angustie o libresche o, polemiche, con tanto pochi libri (che era peggio), e con tanto chiusa polemica (ch'era ancor peggio). Avesse anche scritto in dialetto, la lingua materna non l'avrebbe libe– rato da quell'ambizione che sempre portò con sé, di annunciatore d'un verbo che in termini chiari non fu mai né posto né sentito (se non si debba far q11istione 110n già i-;olo di chiarezza, ma di profondità e ve– rità). E allora bisognerà riconoscere che la sua era una poesia corrosa alla, radice. In una pagina di appunti tra!'lcritfa da Vincenzo So~o, con una pre- BibliotecaGino Bianco

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