Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
E. CORRADINI, La Rinascita nazionale 117 u~ difett? capitale? Io direi di no. Non ostante il proposito dichiarato di voler mtendere il senso degli scrittori italiani senza che il presente turbi il suo raccoglimento e restando superiore e inaccessibile ad ogni prevenzione politica, la sua individualità vi si è cacciata dentro. Egli non_ poteva illudersi di scèrpere il nemico interno, che lo obbligava a pr?1ettare la sua passione sulle pagine lette e meditate. Se vogliamo chiamarlo difetto, sia pure. Ma è difetto che ha salvato il libro dalla morte, a differenza di quanto avviene di tutte le opere che in siffatti argomenti, non sanno elevarsi dalla pura erudizione. ' ANTONIO PANELLA. ENRICO Comunrnr, La Rinascita nazionale, scritti raccolti e ordinati da GOFFREDO BELLONCI. - Le Monnier, Firenze, 1929. Lire 20. Una figura come quella di Enrico Corradini credo non sia frequente nella storia, della politica. Questo fiorentino che dal volto alla favella rivela al primo incontro i più schietti e fermi caratteri della sua razza, formulala la sua dottrina politica in uno dei periodi più torbidi ed equivoci della vita italiana,, ha saputo per anni mantenerla intatta nella, prnpaganda orale e scritta, quando v'era da disperare che essa potesse trovar proseliti pratici, fuori dai libri cioè e dai poeti; ha V!Ìag– giato Europa ed America per cercare anche negl'Italiani oltralpe e oltremare e nella loro dispersione e rinuncia, le prove della bontà della sua fede; per diffpndere questa fede ha senza paura adoperato il ro– manzo e il teatro, due mezzi di propaganda politica che, dopo il Ri– sorgimento, sembravano senza credito nella stanca ed accademica Italia; ha '°eduto da ogni regione pian piano sorgere e rafforzarsi gruppi di amici fedeli che in lni riconoscevano il sicuro teorico della nuova dot– trina e del nuovo partito del Nazionalismo italiano; ha con la guerra !li Libia e con la grande guerra, europea potuto vittoriosamente portare alla prova del fuoco quelli che ai più sembravano sogni anacronistici d'un animo generoso; ha dopo la guerra veduto accettare quasi tutti i suoi postulati, sulla sostanza e funzione dello Htato, sulla decadenza ùel liberalismo e ùei parlamenti, sul sindacalismo nazionale ecc., da un partito di azione, il Fascismo, e da, un condottiero d'impavida volontà e, insieme, di un'accortezza e destrezza non più vedute in Italia dopo Cavour; dopo la cordiale adesione del Nazionalismo al Fascismo e la costituzione del nuovo Regime, è stato solennemente onorato come un prer,ursore, senza mai aver piegato, potendo cioè ripetere oggi quello che scriveva un quarto di secolo fa, le parole che allora era costretto a met– tere nella bocca di personaggi e di eroi immaginari. Nel 1909, immag,i– nando, ad esempio, l'Italia in guer 7 a. finalmente con l' Aust;ia, il su~ Buondelmonti nel romanzo La Patria lontana parlava cosi a1 volontari italiani che ricond11ceva, in Patria da Rio: « Se l'Italia vincerà questa guerra, riprenderà animo e si rimett~~à p_erle vie ?ei suoi padri. E allora quelli che verranno, non avranno prn b~sogno di f~re quello c_heave~e dovuto far voi, d'emigrare in terra stramera, armati soltanto ~ b~aCCJ.a e di pazienza, ma potranno emigrare nelle terre che la Patria s1 sarà ibl1otecaGino Bianco
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