Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929
La Stella del Nord 87 S'mcamminarono lentamente. Per un breve tratto andarono di– suniti, cercando di misurare il passo l'uno su quello dell'altro. Ma il passo di lui era sempre troppo lungo e quello di lei troppo breve; e se essa allungava il suo, allora era lui che, proprio in quel punto, faceva tre passettini alla svelta e fuor di tempo. Infine la signora Celeste si appoggiò al braccio di Massimo, e cosi, trovata una giusta cadenza, poterono procedere msieme e d'accordo. L'aspetto della città ililcominciò ad aro.imarsi quando furooo usciti dalle strade più eccentriche, tutte quasi deserte. La gente si vo~tava a guardare quella strana coppia: un giovane capitano vestito di una logora e sudicia divisa, e um:adama di dubbia età che pareva mascherata. Un abito, u1I1mwtello, UIIlcappello, un velo come quelli IIlOnsi erano mai veduti nella nostra città : non si era mai veduto nemmeno un viso cosi pallido C01I1 una bocca twto rossa. Egli era alto, con un alto berretto in capo, 1I1eroin quella barba dorata, larghe spalle, largo torace ; lei piccola, esile, :flessuosa e bianca. Incontravano anche molti soldati; e allora si vedeva quella signora chinare goo– tilmente il capo e rispoodere con U1I1 sorriso ai loro marziali saluti. La signora Celeste IIleera felice e orgogliosa. La sua mano non .abbandonava il braccio di lui quwdo egli lo sollevava per salu– tare, ma, accompagnandolo, sembrava che lo guidasse. Non fa1I1I10 cosi le mamme con i loro bambini? - Saluta, caro. - E gli pren– dlono delicatamoote la mano e gliel'accompagmano fino al berretto. Ma quella giovane dama non poteva essere la madre del capitano. I capitani che tornano dalla guerra hanno altre madri. SOIIlomadri bianche d'ulil altro pallore; e il nero di cui vaamo vestite è un'altra specie di 1I1ero.Sono pallide per il gran piaro.gere e sospirare che hanno fatto sulla vita del figlio, e portano in capo poveri stracci di cappellini che lasciano scoperta la candida corooa dei loro ca– pelli e oscillano mal trattenuti da un 111astroche si annoda sotto il mooto. Quella signora invece, sposa o amante, si moveva con u111 passo cosi lieve e ballerino, e- guardava il suo capitano con occhi cosi spensierati! Torcevano il 111aso e la bocca all'acuto profumo che vaporava dalla sua persona, senza sapere che tutto si riduceva a poche gocce in U111 fazzoletto. Essa si teneva poi a lui cosi stretta, con tanto abband01110 appoggiava la spalla contro la sua spalla, che -era persino da domandarsi se fosse lecito a un capitano di mo– strarsi per la strada in così tenera compagnia. ,Massimo notava quegli sguardi stupiti, quei sorrisi equivoci, e ad ogmi passo diceva forte, perché tutti lo potessero udire : - Sì, mamma. Com~ vuoi, mamma. È vero, mammina mia. -Avrebbe vo– luto pregarla di noo appoggiarsi tanto a lui, di non tenersi cosi stretta al suo braccio, ma si vergogmava anche soltanto di questo pensiero. Egli aveva poi altri pensieri, ma vedendo lei così lieta cercava di dimenticarli. Giunti in prossimità del Duomo, la folla BibliotecaGino Bianco
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