Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

718 U. Fracchia spesso una bella voce di baritono si staccava dalle altre per librar.si sola in quel grande silenzio. Quando poi ,aveva finito, qual cuno, m buorn accento italiano e scandendo le sillabe, gridava : « Teineinte Michele Horvath >>. Era il nome del solista. Ma le notti si erano fatte buie ed essi avevano smesso di cantare. « Io rimasi un paio d'ore fantasticando alla mia feritoia, e quando me ne allontanai ne sapevo a un dipresso quanto ,prima. Del resto c'era poco da scegliere. Il prnssaggio dell'acqua bisognava farlo ora a nuoto ed ora a guado, come si era già fatto altre volte sull'altro ra.mo del delta, secondo i capricci del fondo, con poche robe affar dellate ,sulle spalle intorno ai moschetti, e le bombe, e i pugnali, tutti particolari che non ham.nonessruna iJillportanza. Verso le due di notte, dopo il solito scarrnbio di colpi, di razzi e d'allarmi, il più profondo silenzio si distese fra le due rive, sotto lo scrosciare d'una 1pioggia che già da due ore c'investiva da ogni parte. Allora noi, raccomandata l'anima a Dio, ci buttammo a nuotare. Eravamo in quaranta, tutti ottimi nuotatori. Il mio ,sergente, un cacciatore di padule, guidava la testa della nostra colonna ed io ero al centro per mamtenerne la coesione. Il passaggio alla ;prima iisoletta fu felice, senza allarmi, e non richiese più di venti minuti. Ma il brac– cio d'acqua che divideva la prima isoletta dalla ,seconda - cioè dal nostro primo vero obiettivo - oltre ad essere molto più largo e profondo, la corrente vi forzava anche un poco. L'oscurità accre– sciuta dalla pioggia fece smarrire la giusta direzione al mio ser– gente : egli si lasciò portare troppo a valle, intoppammo un banco di sabbie mobili dal quale ci tirarrnmo fuori a stento, una metà di noi si disperse, e tutte queste non previste manovre ci costarono un tempo prezioso. Già ,9chiariva il giorno in cielo se non in terra quando :finalmente incominciammo ad emergere in lunga fila> e l'isoletta era a dieci paissi da noi ancora silenziosa e buia. Quel silenzio mi aveva dato e mi dava molto pensiero, ma non potevo fermarmi a meditare sul ,suo significato e sui pericoli della nostra condizione. Strisciando nell'acqua, ci aggrappammo quasi tutti in– sieme alla proda, che era alquanto scoscesa, e cautamente ci arram– l)icammo fra i cespugli. Ma presto ne fummo fuori perché essi nqn formavano che una sottilissima ,siepe proprio sull'orlo, e il resto, per u!IlaprofOIIldità di forse otto metri, quanto era larga, l'isoletta ci apparve nuda come il palmo della mano. Avemmo •appeina il tempo di accorgercene. Una raffica radente ci investì, spazzolandoci per due o tr e volte. Non tutti furono pronti a rotolarsi nell'acqua dalla qua.le erano rnppena usciti, e tre ne rimasero impigliaiti fra le ca nne. Fo rtunata.mente morirono 1 senz'agonia. Cinque feriti leg– gieri si lavarono nel :fiume. « Per quanto la sorpresa fosse stata grande, la maggior parte di noi aveva perfettarrnente intuito che la raffica era partita dalla BibliotecaGino Bianco

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