Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

709 Interpretare la musica ------------=---------------=------ IV. Creare l'espressione artistica, e interpretarne la 111otazioine, cioè rì-crearla; l'arte di colui che crea, trova i suoni e le parole e ne compone un tutto orgamico e scrive: e l'arte di colui che la scrit– tura deve ritradurre illl movimento, azione, vita. A queste cose pensavo anche poche sere fa, guardando alter111a– tivamente un libro aperto sul mio tavolo, il Giulio Cesare di Sha– kespeare del quale avevo allora interrotto la lettura, e uno scaffale di opere teatrali, là in fondo alla stanza, presso al pianoforte, delle quali potevo rammentare una pagillla o u111'altracome se le avessi sotto gli occhi. Vi ramme,nta;te di come comincia il terzo atto del Giulio Cesare di Shakespeare? La scena rappresenta il giardino della casa di Bruto. È ancora notte, ma ·di poco avanti l'alba. Bruto chiama il suo servo più fido, che si desti e si levi ,e vada ad accendere u111a lucerna 111ella stanza da studio. Il servo dorme sodo, e non risponde. «Vorrei che fosse il mio, - Co~esto vizio del dormir si duro)), dice Bruto. Richiama, e fi111almente il servo viene, e riceve l'ordine, e va. E Bruto rimane solo. Siloozio. E nel silenzio cad01110 queste parole tremende: « Non v'è che la sua morte.» Ora, poosate a quale dif– ficoltà sarebbe per un musicista trovare l'intonazione di queste parole. Ma è U111a difficoltà che potrebbe forse superarla anche un grande attore. Ma ve n'è un'~ltra delle difficoltà, a/Ilcor più ardua e tremenda, e che soltanto un musicista potrebbe superare: espri– mere cioè il valore, il significato, il peso di quel silenzio fra le ultime parole di Bruto al servo e quelle altre a sé stesso : esprimere tutto ciò che c'è dentro in quel silenzio! Ecco un esempio atto, mi pare, a dimostrare che cosa debba intoodersi quando si dice che anche l'artista creatore è un i111terprete. E aprite ora l'Otello di Verdi, alla seconda scena del terzo atto, e seguitemi. Otello ha gridato sul viso a Desdemona, fissandola ·negli occhi, che egli la crede colpevole, e in un impeto di furore l'ha abbramcata per le spalle e l'ha respinta da sé lontano, violen– temente, i111orridito e pur sempre ill!Ilamorato della soave fragile creatura. Essa è là, appoggiata a una colonna, tremante di dolore e di onta, e dice: « Esterrefatta fisso lo sguardo tuo tremendo; in te parla una Furia, la sento e non l'iintendo. >> Parole illltonate sopra o intorno a un mi che è la tonica e ìl pel'lllio del breve periodo mu– sicale. Intonate sul mi le parole dei due primi settenari, che già si ,potevano presentire annunciate da quell'accordo rabbrividente di BibliotecaGino Bianco

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