Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
I tetti rossi 681 avesse paura di scottarsi, sorride da sola e si scusa sempre. Suor Faustina si è fatta monaca per timidezza. In lei non trovi i segni palesi del misticismo né quelli d'µna severa coscienza: essa è una piccola donna timida che si sorprende ancora di ciò che la sorpren - deva da bambina e che, timidamente, coglierebbe nella penombra del convento ciò che ha rifiutato alla luce del sole. Ha preso l'abito religioso come si [Prende un abito « confezionato » [Per evitare il su e giù dai sarti e la fatica della scelta. Così vestite si passano molti momenti tristi - non me lo nasconde - ma se ne passano anche di allegri (« si ride tanto la sera con suor Francesca e suor Lucia! ... ») Si sguscia via inosservate, si sentono tante cose e non si hanno fa– stidi. ... Un rimorso tormenta però ogni tanto suor Faustina e allora la sua bocca ha una smorfia amara e dolente di bimba che ha fatto un dispetto: «Povero babbo! Non voleva a tutti i costi che mi facessi monaca. Ma via!, diceva, si può esser brave donne senza bisogno di serrarsi tutta la vita fra i matti o i tubercolosi. Ci voleva tanto bene. E aveva ragione, forse, ma come si fa? ormai è fatta .... Le mie sorelle non sono come me .... Oh, sì ! quelle vogliono divertirsi .... vivere .... >>La vita! la vita! certamente le abbruciava il cuore quella mattina che mi sentii staccar da lei di mano la penna e vidi le sue mani gettarsi sulle mie ed afferrarle col gesto folle e disperato d'un naufrago. E le sentii congiungersi sulle mie nel moto abituale della preghiera mootre il ,povero viso sfiorito si piegava da un lato supplichevole. Ma le ritrasse subito leggoodb nel mio sguardo soltanto una sconsolata pietà. Gesto disperato di naufrago. Pochi mesi dopo la rividi per l'ultima volta sul suo lettino di mori– bonda circondata dalle suore che pregavano indifferenti presso di lei come fosse già trapassata. E, di vivo, in quella com[Posta cornice, non v'era che quella sua smorfia amara di piccola ragazza timida fuggita dalla vita. Ho terminata la visita e, come ogni giorno, entro in cucina ad assaggiare il vitto. Un sorso di brodo, un briciolo di polpetta. Ma il medico anziano che accomipagno ama le cose compiute e si fa servire una tazza di minestra, «assaggia>> una dopo l'altra, quattro polpette e vuol sentire anche il vinetto « dei lavoratori>> (che non avesse preso lo spunto .... ). I miei occhi cercano come sempre suor Giulia, ma, non la vedono. Suor Giulia è bella. Alta, solida, due occhi bigi, caldi d'un calore malato. È entrata nell'Ordine a diciott'anni. « L'avesse vista!, mi dice una compagna. Un fiore, un bocciolo di rosa, quella ragazza! >> Ap[Pena entrata, l'hanno messa in cucina e in dieci anni suor Giulia ha visto le sue belle mani ungersi, ingrossarsi, abbruciacchiarsi fra le marmitte e le pentole ed ha taciuto. Le vampate di ribellione sono state soipraffatte da quelle dei fornelli ed ella ha finito per Biblioteca Gìno Bianco
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