Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
Ritratto di V-ittorio Inibriani 675 --------------··--- -------------------------- Comincia dall'imporsi, specie negli ultimi scritti, un'ortografia e u111a interpunzione da maniaco, ponendo Ulllavirgola dietro og111i parola : ha anche una sua teo~ia ortografica ; ma sa già che la pigrizia dei letterati 1110n la accetterà, anzi se rie riderà. Raro egli usa l'apostrofo: e scrive: io Allagherio, lo antrQpofago, lo esercito, Z9 amor tuo, lo incivilito ecc. : innanzi a vocale non adopera il né ; ma piuttosto il ned. 1111 alcuni casi usa et invece di ed o sempli– cemente e. Poi eccolo a scrivere parole <<cardinali n e magari lati111ismi, e parole di dialetto, 111apoletanismi, fiorentinismi, lombardismi ecc. Scrive : tutti, tututti e poi suto, versutamente, e le peccata, e s-irocchia e feda e franzese e il signorso e sclamare (frequentissimo) e aresti o arei e infornassono (illlvece di infomassero): e accanto a questi ·adusti vocaboli pone: màmmata, rinacciare (per rimendare), barzellettare, bastagi, zoccola, mastrillo, colparci (averci colpa), e introduce in italiano la parola spaparanzare (per aprire ti1,tta la porta). Di due aggettivi che egli vuol attribuire adl un sostantivo, cal– cola il primo innanzi al sostantivo e dopo di questo il secoodo, preceduto dalla congiunzione e : << Le tre bellissime donne e vaghis– sime>>; << u1110 smisurato desiderio e sviscerato n, e così via. Di due avverbi, il primo sarà mutilato della terminazione mente, a mod'o, del resto, di nOlll pochi tra i classici : ed egli dirà ad esempio : « Chiara e dottamente >> invece di «chiaramente>> ecc. Non di raido gli piacciono certi ardimenti amacolutici: « Io mi piace, io mi vien da ridere ecc. >>Non di rado si diletta della co– struziooe a senso, con vere e proprie sprezzature, là dove potrebbe anche sorgere u111 equivoco sul soggetto. Si compiace poi di usare, spesso, una serie di sinonimi alla ma– niera del Basile e dell' Aretilllo, con maggior copia di quelli. Ha fatto uno spoglio di certi sinonimi nelle molte letture : e li pone ora tutti insieme, perché ogmun d'essi gli ferma un particolare aspetto comico dell'idea che egli ha in mente, e la quantità poi, per sé medesima, deve generar comicità . .S'intend~ che ci si accompa– gna anche il sens-o della bravura. Ama i giochi verbali : di una fata che prima era mutata in serpente dice: l'esangue ex-angiie; della vita dice che 1110n è bella « sanza il condimento della ganza >>;fa dire da Giambattista Ba- sile ·al Cantù che non lo aveva inteso : O can tu. · Un tale stile, porta con sé il pericolo di riuscire a lungo andare mOlllotono e fastidioso, e bisogna anche dire che l'Imbriani talvolta fu intemperante e ne abusò. Ma nei suoi momenti migliori egli si salva rendendo, come si è già accennato, umoristica, la lingua me– desima che adopera, le citazioni, la professione solenne dell'eru– dito, certe abituali volute di periodo e i111fine ogni letteratura e il ibliotecaGino Bianco
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