Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
670 F. Flora testi sentimentuzzi lambiccati e raffinati, cotest'articciuola tisi– chetta da stufa, anzi da infermeria, non mi garbano : io ci sbadiglio su. Mi giova e mi dli.verte, invece, la grossolana facezia e la frago– rosa schietta risata. Oh le novelle de' nostri bisnonni e del volgo ! specie quando hanno per protagonista il frataccio mangione e beone. >> Egli si ricollega al Boccaccio, al Bandello, all'Aretino, al Basile : e cosi via : ed è un saggiatore di :facezie aneddotiche alla Poggio Bracciolini. Non accetta la prosa narrativa del suo tempo, né per gli argomenti né per le forme stilistiche : è U!llaprosa troppo poco tradizionale e sapida del succo dei buoni scrittori o dell'epos popolare : egli ha bisogno dli creare un genere « mescidato » di nar– razione e di erudizione, di fiabesco e di realistico, di lingua aulica e bene accertata sui testi classici e di lingua dialettale e neologi– stica. Ha il tono di un colto conversatore, che si compiace della di– vagazione e digressione, che realisticamente interrompe il suo di– scorso, per spiegare allusioni o per far ,quelle che il volto stesso degli ascoltatori gli consiglia. :È un genere personalissimo, IIluovo ed insolito. Raccontand!o a gente che egli si è scelta per la natura stessa dell'argomento e del suo stile, si compiace delle citazioni rare e di giudizi letterari, e, se ricorda certi versi, trova alilche modo di notarne tutte le cacofonie. Dottrina e facezia si fondono IIlatural– mente nel tessuto di questi racconti : il conversatore sapiente si riposa e si rinfralilca nei motti di spirito e magari 1I1elle freddure. Quaindloegli racconta, se pure ha cominciato per malizia polemica coliltro qualcuno, egli sposta il suo vero interesse nel racconto e cosi si libera da ogni fiele. Racconta per raccontare come dice una volta, dopo aver narrato un aneddoto che riguarda il marchese Puoti: « Perché quest'aneddoto? Prima, per raccontarlo; ed in secondo luogo ecc. » E spesso, 1I1el racconto, il tono domililante in lui è l'umore, con frequenti riflessi letterari. Alnche nel suo umo– rismo si trovalilo due filoni: l'uno erudito e pedante e d:i. provenienza libresca, l'altro libertario, IIlovatore, popolaresco e dialettale. Abbonda di aneddoti: una medesima vena gli consiglia l'aliled– doto e il canto pop'olare; in quanto l'uno e l'altro gli apparivan~ schiettezza semplice e non fucata, l'UIIlo di poesia, l'altro di vita colta IIlella sua vera 1I1atura. E c'era forse dell'illusione anche in questo. Il canto popolare, ad esempio, è ripetizione e talora corru– zione di una poesia culta. Quali felici motivi egli sa trarre dal suo umorismo di provenienza letteraria! Nella Novella del Vivicomburio, ad esempio, gli ililnu– merevoli amatori che si uccidono per la frigida inespugnabile mar– chesina Scolastica d'lsolagiordana, muoion tutti recitando ~ersi chi del iMarililoe chi diel Metastasio, chi del Bernia e chi di Carl~ Maria Màggi o di Àmdreano de' Ruggieri: e l'effetto artistico è pieno di sapore. Talora poi ·questo umorismo letterario è raccolto Biblioteca Gino Bianco
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