Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

652 C. Linati bandonare e curioso del 111uovo verso il quale si sente stramamente attirato. Ed ecco il Po, quel giorno, a Viadana; mi raffigurò in un modo fervidamente patetico l'imagine di questo contraisto, di questi due mondi che si bisticciavano entro di me e ipur volevamo pacificarsi. L'immensa C3impata di fili gittata sopra al fiume, lo slamcio pode– roso di quelle torri di ferro mi rapivano in una specie di visione e vertigine del futuro, ma il gran fil11Ileche scorreva sotto, con la pacata, ariosa maestà della corrente, con la bellezza delle sue vaste golene e dei suoi boschi di tremule e di pioppi, con tutto il volume di tradizioni, pensieri, testimo111ianzeche recava con sé nel suo fluire eterno mi riportava deliziosamente .verso il mio caro mondo d'ieri, verso una folla di emozioni in me radicate e profonde, ricche di pathos e d'umanità. TrovaJVocertezza, pace e poesia lllel fiume: ma ammiravo poeticamente anche l'audacia e la bellezza dell'opera umana. Era possibile u111a co111ciliazio111e ? Debbo confessare che adl un certo punto mi parve di cominciare ad avvertire in quella bel– lezza aintica U1I1 sentore di troppo remoto e quasi un vero presagio di stanchezza. Un bel ponte di barche stendeva sotto di noi la sua lU1I1ga co~sia d'assi. La percorremmo a piedi, aidagino, guardando le acque giallastre e i loro sfondi maravigliosi. Dalle cubiche casette di legno i custodi del ponte venivamo sull'uscio a vederci passare. Il crepuscolo scen– deva freddo, velato. Giunti nel mezzo, ci fermrummo. Era là il Po 1I1ella sua più vigorosa maturità, tra Casalmaggiore e Ostiglia, nella sua ultima rincorsa verso il mar~. La massa scon– finata delle acque scorreva giù verso di noi senza un rumore, senza uno scrollo, veniva innanzi compatta come un battagliollle dai ran– ghi serrati, immensaimente sicura della sua forza, con passo re– golare e potente a cui nulla al mondo avrebbe potuto offrire la minima resistenza. E questo ben pareva saperlo il padre Fiume, si che il lieve ingombro che per un istante tentava opporgli la schiera delle barche alli111eatedel ponte non riusciva che a strappargli un tenue sciacquio, una risatella di compassione che si perdeva poi bubbolando fra le chiglie ancorate. Ma se alzavo il capo lo vedevo sgorgar da un piccolo punto invisibile tra cielo e boschi, poi scendere e fluire a 111oi come una bandiera dorata, finché subito ce 111e sentivamo travolti ed investiti da tutte le parti, quasi annientati entro la sua divinità vorticosa. Pilly intanto ha dispiegato una carta sul parapetto del ponte, vuol precisare il punto dove siamo. - Ecco, lassù è Cremona, - mi dice accennamdo all'alto fiume, - più in qua Firenzuola, e a sinistra abbiamo il parmense e il reggiano. Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy