Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929

650 C. Li,11,ati frizzamte, penetrati da tutti gli aspri profumi e le emozioni di U1U'albasopra la terra libera, poche cose al mondo la valgono. Oltreché il corpo, domato nei suoi istinti neghittosi, come vi retnde bene a sera la musica della sua gloriosa stamchezza ! La felicità di quel dolce rilassamento e del sonno che vi abbatte di schianto, la testa sulla tavola, dopo una cenetta divorata con gusto, qual donlila, qual libro ve la può do1I1are ? Bella la crumpagna padana, in dicembre. Sono incomililciate le motoarature e i tralci delle viti pendono a lunghe ciocche qua e là sul terreno ingiallito dalle spoglie del gelso, o vengono tesi fra orno e orno, come lU1Ughec31pigliature ad asciugare. E i campi, questi campi ariosi e silenti da cui Virgilio app,rese la coscienza del suo genio, questi campi ver,so Gazzuolo, verso Borgoforte, io li guardo con venerazione. Qui i coltivi su cui il grano appena germinato gitta come uno spolvero di verde non han1I10 la pingue bellezza dei campi del reggiano o del bolognese, ma si una lor grazia riposta, celata, la quale non so perché mi richiama la soavità un po' morbosa che Isabella d'Este poneva nella creazione del suo Paradiso, di quell'eremo d'arte e di sogno sospeso sul grigio Lago di Mezzo. È certo che questa bruma che sorrade ora le campagne, confe– risce ad esse una delicatezza riposata, ulila quiete maestosa, una maturità di linee ch'è propria soltanto a questi luoghi e a 1I1essu1I1 altro. Un silenzio sopito e vivente nello stesso tempo sovrasta dap– pertutto e i campi hainno una loro forma a schiena, alti nel mezzo e declililanti ai lati verso scoli o sentieri, si che pass3.1Il.do te li vedi venir incontro come le onde innumerevoli di un gran mare terrestre. A volte odi un ruggito. È una motoaratrice che sta di,ssodando un prato. Ti fermi. La tozza macchina è là che cammi!Ila cio!Ildolo111i con due ruote sul coltivo e le altre due sullo stoppiaro, stronfiando e muggendo come un grosso ciclope che vada car,pOIIli.Al volante sta seduto un giovine ravvolto in una mantellina da soldato e dietro reg~P l'aratro un altro che viene sgambando a gr3.1Il. passi tra le zolle fresche .... Mi piace star a guardare la punta dell'aratro pe– netrare risoluta nella terra profonda, e questa fendersi e arrove– sciarsi sopra un lato come U!Il gr3.1Il. flutto bru!Ilo,poi subito splendere al sole. Un sommovimento cosi crudele e glorioso di zolle non l'ho visto mai suscitare con l'aratro a m3.1Il.o. - Sicché dalle sue parti non s'usa ? - mi fa un vecchi0111e da un campetto li presso, scorgendo la mia maraviglia. Si discorre. Ha un berrettone di pel di volpe in capo delle mani coriacee e rugose con cui pota e rimonda la vite. Ma ~on mi par troppo entusia1sta della motoaratura: ha U1U po' l'aria di COIIl· siderarla come un balocco per ragazzi. Poi si parla delle viti, e cOine talvolta ne sotterrano i tralci quando fa troppo freddo. E intanto agita verso di me la lunga Biblioteca Gino Bianco

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