Pègaso - anno I - n. 6 - giugno 1929
Gitiseppe Parini 645 catamente, sempre gli rimase nell'amimo per il frusciar segreto delle vesti che sapeva chiamare con parole che erano soltainto sue. Anche 111elle odi più alte, se può dimenticare quel ,primo accento grande, l'occhio s'appunta a certe inezie, a certi particolari di nessU111 peso, con un gusto lirico che assorbe o addirittura caincella il rigore del moralista. Le famose similitudini parillliane sono si una leva, e una forza, del ridicolo ; ma sono ainche belle i111 sé, e dietro quelle il Parini, quando può, si distrae e dimentica, e oontenta il suo genio, ò lo potenzia, aggiungendo al compiacimento della cosa singola il divertimooto del mito: Le tainte finezze insomma che nel Giorno de– scrive, con indugi sapientissimi, non le avrebbe descritte, se proprio 111On avessero preso l'animg suo. E come, allora, assapora le parole, e le oolloca al loro posto, nel verso che ne mormora e ride ! I toni grandi del Giorno sono si grandi, perché sinceri, veri, ma corti, e non trovano l'aria loro. (Basterebbe, per persuadersene, ricordare la chiusa della Vergine 011,ooia) con quell'accento umanitario e pie– toso che scende perfi1110 al melodrammatico). Certi tocchi che primo H Carducci interpretò per preromainticismo schietto, son cenni c-he subito si perdono: Dice della notte che « declina Con tacit'ombra sopra l'emispero .... il rugiadoso piè lenta movendo », e nomina il « debil raggio De le stelle remote e de' pianeti>> : il resto è artificio o di ragione o di gusto descrittivo. Se mai la sua ricchezza au tica lo portava a lodare il sole, il « possente meriggio», l' « ardente merig– gio», il« cocente meriggio>> : o il vino, quello che è« Figlio de' tralci più riarsi, e posti A più fervido sol, ne' più sublimi Colli dove più zolfo il suolo impi!Ilgua >> : e se proprio ha da cantare U111a notte, sce– glie l'« ardente agosto>>, con « lucide strisce)), e delle rane dice che spargon « d'alto frastuono i prati e i laghi)), che pare un coro di mezzogiorno. Ma sia come [lOn detto. Dirò ricominciando che il di– pinger mi1nuto portò il Parillli a comporre la sua .prosa più nuova, il Discorso sopra le caricature) dove, 111On foss'altro, c'è la pittura d'una piazza che certo piacerebbe a un modernissimo; con U!Ilagro sapor di parole, e un disegno asciutto, che fa capire che umor bolliva nella testa d'un poeta cosi severo. Aprite poi il Giorno : ad uno ad uno cercate i comandamenti fatti al Giovilll Sig111ore sul come deve andare, muoversi, star seduto, salutare. Siaino d'ue o venti versi, il fiato per la composiziooe basta sempre, per divertirsi e per ridere. Correrà su un fil di rasoio, ma corre : sarà un gioco azzardoso, ma riesce : saran movimenti di marionette, ma chi li regola è un artista. Noo solo : vedete come 111omina le vesti, le sete, i lini, i mer– letti, i candidissimi lillli, i finissimi merletti: le sole cose degne d'es– ser nominate, descritte, direi rappresentate. Qui è la satira, tamto più valida, quainto me111O si mostra d'esser satira. E leggete la Pet– tinatiira del Giovin Signore, lll!Ilga quanto dura; la Vergine cuo– cia; il Gioco) dell'ultima sta.inca notte. Il primo è 1ID episodio forse BibliotecaGino Bianco
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